Quando ho letto il titolo del libro La classe dei banchi vuoti, in catalogo per le edizioni Gruppo Abele, ho pensato ad un libro sull’abbandono scolastico.
Uno sguardo più attento e poi una lettura con il giusto tempo, mi ha messo di fronte a tanti banchi vuoti di bambine e bambine, ragazze e ragazzi, che non sarebbero più tornati ad abitarli.
Ma non perché refrattari alle regole scolastiche o vittime di un mondo adulto che li ha obbligati a lasciare il mondo dell’infanzia velocemente, ma perché uccisi.
Uccisi perché figli di magistrati e presenti, accanto al padre, durante un attentato, uccisi perché testimoni di un omicidio, perché destinatari di proiettili che hanno sbagliato traiettoria, perché hanno infranto le regole della criminalità organizzata o semplicemente perché erano nel posto sbagliato, in geografie lontane da quelle associate, più frequentemente, ad azioni di mafia, di camorra, di ‘ndragheta.
Luigi Ciotti, don Luigi Ciotti, li racconta questi assenti “giustificati”, li racconta nella loro speranza di vita, di crescita, nel desiderio di normalità o di cambiamento. Ci fa sentire la loro voce, e poi, poco dopo, il silenzio assordante dell’assenza, ci obbliga all’ascolto di quel silenzio e ci invita a prendere parola.
Si chiamavano Dodò, Annalisa, Giuseppe, Nadia, Caterina, Simonetta, Benedetto, Salvatore. A loro Sonia Maria Luce Possentini dà loro un volto, ci riporta, nelle sue illustrazioni, le loro espressioni, i luoghi in cui hanno camminato, gli oggetti che hanno amato.
Li rende presenti ad un appello al quale un giorno hanno smesso di rispondere.
Un appello al quale possono rispondere, con tono forte, tutti gli altri, e anche noi, nel perenne ricordo di ciò che sono stati.
Silvana Sola
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