martedì 5 marzo 2013

Bologna Children's Book Fair



Tutti ci stiamo preparando alla cinquantesima edizione della Bologna Children’s Book Fair e giorno dopo giorno apprendiamo anticipazioni dei programmi, delle feste, delle presentazioni, delle mostre. E’ un anno speciale perché si tratta della cinquantesima edizione. La stampa locale ha cominciato a preannunciarla e a seguito della prima conferenza stampa sono usciti diversi articoli, uno dei quali è balzato nelle pagine nazionali e riguarda Daniel Pennac al quale sarà conferita una laurea  honoris causa in Pedagogia. Fra le altre notizie ne appare una che necessita di una smentita. 
Si legge che la fiera fu opera di Antonio Faeti e delle “studiose” della Giannino Stoppani.
Saremmo ben vecchie se così fosse, anzi non saremmo più! In realtà una delle mie prime frequentazioni risale all’anno del venticinquesimo. Di quell’anno ricordo la festa “argentea” a Palazzo Albergati, una bellissima dimora nei dintorni di Bologna dove la Fiera invitò tutti i suoi clienti. E’ molto interessante la storia di questa fiera e penso che sarà istruttivo leggere il frutto della ricerca storica che è stata commissionata. A me piace molto la storia e in particolare mi interessa la parte di storia della Fiera che mi manca, dalla sua nascita fino al momento in cui l’ho potuta scoprire e frequentare. Fa impressione ritornare ad un tempo nel quale in contemporanea con questo evento, fuori in città c’erano i carri armati parcheggiati lungo i portici. C’è una bellissima testimonianza nel libro di una autrice-illustratrice inglese, Shirley Hughes, che racconta di come si dovettero barricare negli alberghi. Era la primavera del 1977, noi eravamo per strada, gli elicotteri sopra la testa e i lacrimogeni in Piazza Maggiore. Shirley, nata nel 1927, aveva proprio quell’anno vinto la Kate Greenaway Medal e la rivincerà 26 anni dopo nel 2003. Io la scoprirò solo sul finire degli anni Ottanta, me ne innamorerò e diventerà l’autrice preferita del mio cucciolo, nato nel 1993. Una straordinaria disegnatrice e una finissima conoscitrice dell’animo infantile. Mi piacevano anche i segni nuovi, i fumetti, il rock, il cinema ed ero molto legata alla cultura vivissima della mia città. La Fiera era lontana da tutto ciò. Fondata nel 1964, frutto di istanze  pedagogiche, culturali ed economiche, nacque come una sorta di Festival che si teneva a Palazzo del Podestà, ed era poi cresciuta sino a diventare il più importante appuntamento mondiale per il mercato editoriale. In certi anni era stata anche contestata da personaggi come Antonio Faeti, Eugenio Barba, Gianni Rodari, i quali pensavano, forse, che dovesse essere un’occasione anche per i bambini. Lo pensano ancora in molti e da ultimi gli Svedesi che, sempre stando ai giornali, in conferenza stampa si sono chiesti come mai un evento così importante sia precluso ai piccoli.
Io ho sempre trovato molta chiusura nell’establishment. All’inizio, quando con spirito collaborativo mi presentai con le tavole di Lorenzo Mattotti sotto braccio per suggerire una mostra del suo Pinocchio (1986), non suscitai interesse. Di lì a poco, nel 1989, invitammo di nuovo l’establishment all’inaugurazione di una memorabile mostra per bambini al Museo Archeologico, inaugurata dal Prof. Giovanni Maria Bertin, il Maestro di Faeti, dedicata al lavoro di Lisbeth Zwerger che venne a Bologna in gennaio e ritornò nello stesso anno a marzo in fiera a prendersi l’Hans Christian Andersen. L’establishment ci guardava con circospezione, e così è sempre stato. Oggi, nel nostro trentennale, la distanza è ancor più marcata. Chissà perché?
Noi siamo sempre le stesse, quelle che con fiducia andarono con le tavole di Lorenzo sottobraccio e nel 2000 a proporre Fieri di leggere, una manifestazione rivolta al pubblico dei ragazzi, al quale per molto tempo nessuno aveva più pensato. Ricordo Elena Pasoli alla conferenza stampa della prima edizione di Fieri di leggere. Seduta fra i rappresentanti stranieri in città, Maison Fançaise, Goethe Institute e British Council, da noi invitati a partecipare alla creazione di un nuovo evento, ringraziò per questa bella idea che alla Fiera “non costava nulla” e che risolveva la mai sopita questione di un appuntamento non accessibile ai  bambini. 
Grazia Gotti che nel 1964 aveva 13 anni

1 commento:

  1. Cara Grazia, come te siamo in molti a percepire chiusure e indifferenza. Non è solo questione di "establishment". Le chiusure sono infinite e a tutti i livelli. In questo paese non solo non si viene praticamente mai supportati, ma si sperimenta una volontà a ostacolare, se possibile. E questo è gravissimo perché preclude ogni sviluppo e autentico cambiamento.

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