martedì 22 maggio 2012
Vent’anni dopo
Il 23 maggio 1992 ero a Torino, al Salone. Mi ero ritirata di primo pomeriggio in albergo non potendomi stancare troppo perchè ancora provata per un intervento subito all’inizio del mese.
Accendo la TV e ho la notizia della strage di Capaci. Urlo, bestemmio, piango. Sono addolorata e rabbiosa. Avevo seguito le vicende di mafia con un certo interesse per il fascino che la figura di Falcone esercitava: la sua precisione linguistica, i suoi ragionamenti sottili, che a volte non capivo, mi inducevano a cercare per sapere di più. Avevo letto il lavoro Cose di Cosa Nostra, pubblicato nel 1991, frutto della collaborazione con la giornalista francese esperta di cose italiane Marcelle Padovani. Avevo letto i libri di Pino Arlacchi e insegnavo in un comune della Bassa, terra di confino di molte famiglie siciliane. La ferita di quel pomeriggio di maggio è rimasta sanguinante per molto tempo fino a quando, per ragioni librarie, ho potuto ricucirla.
Avevo appena dato vita alla collana “Sirene” che accoglieva figure femminili per le ragazze e stavo progettando la collana “Argonauti” per i ragazzi che non ha mai visto la luce. Per i primi titoli avevo in mente due figure maschili, François Truffaut e Giovanni Falcone. Trovai presto l’autore per Truffaut e chiesi a Luigi Garlando di cimentarsi con Falcone. Il primo, Enrico Vecchi, avrebbe dovuto raccontare l’infanzia e l’adolescenza del regista, mentre a Luigi avevo chiesto di mettere la sua penna al servizio di una storia che vedeva protagonisti un padre e il figlio che di Falcone portava il nome, proprio in memoria di Capaci. Mentre l’editore accettò la storia di Truffaut, respinse quella di Luigi, che fu invece accolta da Luisa Sacchi per Fabbri-Bompiani. Per questo mi chiamo Giovanni fu pubblicato nel 2004, vinse il premio dei giovani lettori di Calimera, il paese natale di Antonio Montinaro, capo scorta di Falcone.
Andammo tutti a Calimera, Luisa, Luigi ed io e ci stringemmo intorno alla mamma di Antonio, in una celebrazione commovente in consiglio Comunale. Poi, in Fiera, a presentare il libro venne la sorella di Falcone e anche con lei la serata fu bellissima, riuscii a dirle della fatica a capire i ragionamenti sottili di Giovanni, della sua acutissima intelligenza. “Era così, proprio dotato di una straordinaria intelligenza” mi confermò.
Giovanni Falcone aveva accettato di collaborare per una trasmissione Rai di dieci puntate di cui esiste una scaletta. Avrebbe dovuto cominciare a registrarla il giovedì successivo il 23 maggio. Sapeva che la conoscenza dei fatti è un’arma potentissima nella lotta alla mafia. Il libro di Luigi ha avuto e continua ad avere un’accoglienza straordinaria, lo vedo ad ogni ristampa e lo certifica il dato di vendita della Libreria Giannino Stoppani. Mi sento in pace, ho fatto il mio dovere.
Grazia Gotti
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