“Come avviene il processo creativo in un artista d'eccezione? Quali condizioni rendono possibili la nascita di un'opera destinata a ottenere il riconoscimento universale? Qual è il rapporto ottimale tra vita e creazione?... Le immagini che ha (l'artista ndc) prodotto ci consentono di penetrare nell'intimo della sua esistenza quotidiana?”. Inizia con queste domande il libro L'arte o la vita! di Todorov, dedicato all'universo di Rembrandt, pubblicato da Donzelli. Il metodo da sempre utilizzato dal linguista, teorico della letteratura, saggista, filosofo è quello di porsi dinanzi all'opera artistica, fosse testo o immagine, con delle domande, e come un investigatore che non bada solo agli oggetti esterni sul luogo del delitto, si addentra nell'intimo dell'esistenza quotidiana, consapevole che ogni risposta già data, prima ancora di porre una domanda, è solo un giudizio a priori. Cento pagine che ti fanno desiderare di guardarli da vicino uno per uno, tutti i ritratti, le incisioni di questo pittore della vita quotidiana. Scrive Todorov: “Con il suo modo di descrivere gli uomini e le donne colti nelle loro attività abituali, il pittore non intende carpire i tratti individuali dei volti o dei corpi: afferra i particolari tipici di una situazione, la maniera in cui i mendicanti si avvicinano a una porta, i musicisti ascoltano la musica, le donne stanno in cucina, la coppia fa l'amore, i bambini imparano a camminare... Il pittore non giudica, si limita a mostrare, proiettandosi in ogni gesto, in ogni atto: si fa molteplice, proteiforme, universale”.
Ho ritrovato in queste pagine il Rembrandt bambino raccontato da Giorgio Di Vita in Il bambino delle ombre edito da Giunti.
Il piccolo Brandtj nasce e cresce tra le pagine del romanzo di Di Vita, osservando la realtà per poterla raccontare. Non è facile se si è il figlio di un mugnaio spazzolarsi la farina dai vestiti per dedicarsi alla pittura, ma Brandtj riuscirà a diventare il grande Rembrandt grazie anche a una scatola di colori ricevuta in dono il giorno di San Nicola.
Il bambino delle ombre è disegnato, ops, scritto, come solo avrebbe potuto fare chi osservando dei quadri ha iniziato a porsi una domanda dietro l'altra, indagando, per poter poi raccontare quanto detto con le immagini attraverso le parole. Di Vita, con questo romanzo si è aggiudicato il Premio Orvieto.
Agata Diakoviez
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