Tutti sanno che il nostro affezionato Babbo Natale è anche conosciuto con il nome di Santa Klaus, che a sua volta deriva da Sinter Klaes, ossia il nome olandese di San Nicola, l’antico santo patrono dei bambini dei navigatori e dei commercianti (lo si direbbe ancora oggi!).
Ma forse non tutti sanno che è proprio nella notte fra il 5 e il 6 dicembre che, fin dal Medioevo, il canuto benefattore elargiva i suoi doni ai bambini buoni e più bisognosi. Quanti secoli, quante usanze diverse, religiose e non (ma i doni non li portano anche Gesù Bambino il 25 dicembre, nonché la Befana e i Re Magi il 6 gennaio?), e quante trasformazioni “pubblicitarie” si sono innestate su quest’antica credenza!
Difficile venirne a capo con coerenza, allora è forse meglio scherzarci su come fa Anna Vivarelli nel suo delizioso Caro Babbo Natale, vincitore del premio Storia di Natale 2010 dell’editore Interlinea e pubblicato su “carta di quaderno” con le spiritose illustrazioni di AntonGionata Ferrari.
Che cosa scrivere nella lettera da indirizzare a Babbo Natale, si domanda Michele di otto anni: delle “bugie” edificanti come quelle che richiede la maestra nell’annuale lettera-tema, infarcita di errori di ortografia e pensieri caritatevoli, o la cruda verità: tutti (i maschi) vogliono un dischetto della play? E poi, quanti desideri si possono esprimere e in che ordine? Di grandezza, d’importanza? Come evitare maglioni e pigiami felpati? Ma perché Babbo Natale risponde ad ogni missiva con un comunicato prestampato che alimenta i dubbi dei bambini piuttosto che scioglierli?
Se una risposta non l’otterremo dalla lettura di questo breve ma incalzante scambio epistolare, non avremo miglior fortuna tentando una comunicazione più moderna e sintetica con il barbuto vecchietto: inutile domandarsi Ma Babbo Natale non ce l’ha il cellulare?, come recita il titolo di un divertissment natalizio firmato qualche anno fa da Emanuela Da Ros per i tipi di Nuove Edizione Romane. Qui a doversi sforzare di scrivere una lettera al giorno a Babbo Natale per esprimere desideri e pensieri, come compito scolastico durante i ventiquattro lunghi giorni dell’avvento, sono sia lo svogliato Fabrizio che la sua compagna di origine marocchina Hayet. Ogni lettera è il pretesto per raccontarsi con un tono spiritoso e un po’ irriverente, che in fondo non stona con il clima di gioco e piacevole attesa che anima le settimane che precedono il Natale.
Virginia Stefanini
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