Ero a Siviglia nell’anno in cui si festeggiavano i quattrocento anni del Don Chisciotte. Tra centinaia di omaggi al libro dei libri della letteratura spagnola, una bellissima mostra, fuori dal coro, dedicata al più grande incisore messicano di tutti i tempi: Josè Guadalupe Posada. Nel
Centro Andaluso di Arte Contemporanea seicento opere, e tantissime calaveras, un’iconografia che guarda al folklore e all’immaginario religioso messicano. Teschi e scheletri che ritrovo in un albo illustrato davvero speciale. Porta la firma, per il testo e le immagini, di Fabian Negrin. L’editore che lo ha voluto in catalogo è Carlo Gallucci. E’ una storia messicana che vede come protagonisti due grandi artisti della scena del Novecento:
Frida Khalo e
Diego Rivera. Li racc
onta bambini il primo di novembre, el Dìa del los Muertos, pronti a festeggiare, con l’intero paese, i propri defunti, banchettando tra le tombe. Frida sta per addentare la parte alta di una piramide di calaveritas de azucar, quando vede Diego, il già dichiarato amore della sua vita, intento a baciare la sua migliore amica. Folle di gelosia lo insegue finché entrambi cadono in una voragine che li precipita nel regno degli scheletri. Potranno rivedere la luce del sole grazie all’aiuto di un cane parlante, di razza xoloitzcuintle. I colori di Fabian Negrin occupano la pagina, diventano i murales della grande tradizione messicana. Vogliono attenzione, sono capaci di condurre lo sguardo dentro la storia, di restituire al lettore la forza narrativa di una favola che è luogo del fantastico, ma anche vita, emozione, sentimento, fisicità, stupore e meraviglia.
Frida e Diego. Una favola messicana, esce contemporaneamente all’edizione italiana per i tipi della casa editrice francese
Seuil.
“Sapete qual è la cosa più brutta bruttissima superbrutta del Paese degli scheletri?” “Cosa?, chiede Frida”…
Silvana Sola
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