Era l’inverno del 1998: il mio primo soggiorno parigino, un Erasmus in preparazione della tesi di laurea. Presso la biblioteca del Centre Paris Lecture del tredicesimo arrondissement, sfogliavo alcuni albi illustrati e la copertina con un orso e una topina dolcissimi mi sono saltati agli occhi. Da lì è iniziato il mio amore per lo stile di questa illustratrice.
Nata a Bruxelles nel 1928, dove frequenta l’Accademia delle Belle Arti, Gabrielle Vincent si dedicherà per tutta la vita alla pittura. L’acquarello è la sua specialità, almeno per i libri per bambini.
Nei primissimi anni ’80 inizia a pubblicare per Casterman, nella rinomata collezione degli Albums Duculot, creando i personaggi dell’orso e della topina sopraddetti. In Italia l’editore Piccoli si accorse subito di questa illustratrice e nello stesso anno, 1982, traduce Storia piccina di Ernesto e Celestina (anche Alfredo Stoppa la noterà: in C’era una volta… pubblica nel 1996 Il mio piccolo Babbo Natale). In patria le chine di quest’artista faranno vivere i due tenerissimi protagonisti in più di una quindicina di storie. Di Ernesto e Celestina verranno pubblicate, nel 2006 (ma non molto dopo messe fuori catalogo) solo altre due storie dalla Nord-Sud: Le domande di Celestina e Ernesto è ammalato.
Oggi la Gallucci porta in libreria un altro dei suoi primi libri (uscito sempre per Casterman nel 1982), Un giorno, un cane. Un magnifico silent-book (in questo periodo ce ne sono sempre di più e sempre più belli!) interamente illustrato a matita. Una storia di denuncia: un cane abbandonato, un incidente stradale, la solitudine, la fame… Il finale non poteva però essere pessimista e sarà un bambino a dare una svolta a questa tragica storia.
A 11 anni dalla sua scomparsa, le storie e le immagini di Gabrielle Vincent emozionano ancora immensamente.
David Tolin
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