Avevo scoperto l’esistenza di Grazia Deledda, a Cervia, nelle mie vacanze di bambina. Mi piaceva farmi portare accanto al monumento a lei dedicato e da lì partire in corse folli per il lungomare, allora, non affollato di Suv. La ritrovai più tardi nel romanzo Canne al vento e nella descrizione, fatta da un insegnante di lettere, dell’assegnazione del Nobel per la Letteratura. Ci raccontava dell’evento straordinario e della pelliccia che Grazia Deledda indossava. E la pelliccia, unica della sua vita, riappare nella prefazione di Antonella Anedda al bellissimo libro di Grazia Deledda, Come Solitudine. Storie e novelle da un’isola, in catalogo per Donzelli.
Nel suo intervento l’Anedda cita un’altra “grande sarda”, Maria Giacobbe, premio Viareggio Opera Prima nel 1957, poi scrittrice e giornalista, quest’anno al Festival “L’isola delle storie”.
Citiamo, dalla prefazione, un brano che ci parla di Grazia Deledda: “Attraverso stralci dei giornali del 9 dicembre 1926, Giacobbe ci consegna il ritratto di una donna stanca (covava già il cancro che l’avrebbe uccisa), ma stoica, silenziosa ma curiosa, soprattutto del paesaggio che le ricorda –le pallide distese della Sardegna-laconica ma –priva di posa-, disponibile, ma –irraggiungibile-. Stoccolma l’accoglie con calore: - la sua personalità semplice e simpatica aveva conquistato tutti i cuori-, annota un corrispondente. Il Nobel, che pur riconosceva di aver desiderato, viene vissuto, nota ancora il cronista- come se ciò che è appena accaduto le sia in fin dei conti indifferente-. Indifferenza che è anche consapevolezza della vanità di ogni successo, -modestia-, altro termine ricorrente nella stampa di allora e che Maria Giacobbe interpreta giustamente come- l’orgogliosa e forse irriflessa fedeltà alla tradizione tutta barbaricina, al riserbo, al rifiuto anche nelle situazioni più eccezionali delle manifestazioni esteriori dei sentimenti di soddisfazione e di allegria-. Senza sorriso non significa senza ironia. I sardi ridono restando il più delle volte seri…” La scrittrice da Nobel si era dedicata anche alla letteratura per ragazzi collaborando al “Giornalino della Domenica”, assieme ad altri grandi del suo tempo.
Silvana Sola
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