Nella settimana dedicata alla memoria delle vittime del nazionalsocialismo, del fascismo e dell’Olocausto, vorrei proporre non solo un romanzo, ma soprattutto un’autrice:
Helga Schneider. Non la conoscevo affatto, ma il suo modo di scrivere mi ha da subito affascinata e condotta vorticosamente nella lettura. Ambientato nel 1939, ai tempi dell’invasione della Polonia da parte della Germania, il romanzo vede come protagonista una bambina tedesca. Rosel viene derubata della sua spensierata infanzia a causa di uno spiacevole equivoco che prevede l’arresto della madre, il suo trasferimento ad un centro statale per l’infanzia abbandonata ed infine l’affido ad un uomo potente e minaccioso e alla sua “strana famiglia”. Il racconto unisce elementi reali e fantastici che permettono di ribaltare una situazione inizialmente tragica: sarà infatti un corvo, solitamente simbolo di maledizione, uccello profetico, portatore di malattia e di morte, a dare una svolta a questa storia. Quel che sorprende di questo toccante romanzo è soprattutto il punto di vista, molto diverso da quello usuale. Spesso, infatti, si racconta il periodo della guerra attraverso occhi esterni alla Germania. Qui, al contrario, l’autrice racconta le vicende di una ragazzina che le condizioni della guerra le subisce, pur essendo considerata “un perfetto esemplare della razza ariana”. Dietro alla storia della piccola Rosel, Helga Schneider denuncia quello che lei ha visto con i suoi stessi occhi nella propria infanzia. Queste le sue parole: “è un romanzo in cui non esito a trattare argomenti spinosi, seppure con un linguaggio adatto ai giovanissimi, come la morbosa attrazione di uomini maturi per le ragazzine, ma anche la manipolazione della mente, l’amicizia, la solitudine dei minori privi della protezione parentale, i conflitti delle famiglie allargate, la violenza sulle donne e, non ultimo, il malessere sociale di una Germania che si trovava sotto il giogo della dittatura hitleriana.”
L’autrice è da sempre impegnata nella scrittura di vicende relative alla seconda guerra mondiale, basti confrontare solo alcune delle sue precedenti opere: “Heike riprende a respirare” (
Salani, 2008), “Io, piccola ospite del Führer” (
Einaudi, 2006), “L’albero di Goethe” (Salani, 2004), “Stelle di cannella” (Salani, 2002), “Il piccolo Adolf non aveva le ciglia” (
Rizzoli, 1998), “Il rogo di Berlino” (
Adelphi, 1995).
L’anno scorso Helga ha ricevuto il Premio
ANPI per aver contribuito, con merito, a trattare temi che riguardano l’antifascismo e i diritti umani nel settore editoriale.
Così viene descritta: “Testimone pulsante di come da un popolo che scelse di seguire scellerati dèi e distruttive quanto perdenti idee di forza, possa riemergere la bellezza. Artista di parola, di colore, superando quel tempo e le idee, propone ai cittadini del mondo e alle nuove generazioni la propria vicenda e quella della propria gente nel momento più buio della propria storia e dell’umanità, dando modo a ciascuno di sviluppare la consapevolezza che ciò non abbia più a ripetersi. Della sua bella persona l’Italia se n’è fatta virtù.”
Giada Romagnoli
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