Il governo delle “larghe intese” nei suoi primi cento giorni ha messo mano alla Cultura.
Con un decreto ha distribuito fondi per il cinema, il teatro, la lirica e ha previsto lavoro per cinquecento giovani per catalogare i beni artistici. Certo alcuni provvedimenti erano urgenti, i bilanci di molti teatri e istituzioni culturali a rischio, e un segnale alla grande massa dei giovani disoccupati bisognava pur darlo. Ma si poteva fare di meglio? Sì, anche con pochi fondi, ma con pensiero finalmente aderente alla realtà e contenente semi di progettualità. Ad esempio considerare il libro al pari del cinema, della musica, del teatro. Accostare questo universo culturale e produttivo, capirne il funzionamento, e prendere delle decisioni politiche. Ad esempio guardando alla politica francese a favore delle librerie. A giugno il ministro della cultura francese, Aurélie Filippetti, ha incontrato i librai e ha annunciato misure di carattere economico, dai finanziamenti (ingenti), ai ritocchi delle tasse, scese di mezzo punto. La stampa francese ha dato grande risalto al forte impegno di tutti, dal governo alle associazioni degli editori, per promuovere una politica per la lettura. In Italia l'unico segnale di interesse al tema viene dal sindaco di Milano. Pisapia ha decurtato del 25% il canone di affitto per le librerie che occupano immobili pubblici, e non sono piccole librerie, ma Rizzoli, Mondadori e Feltrinelli.
Sarebbe interessante che Milano si facesse promotrice di una politica nuova, che offrisse ad esempio la possibilità a dei giovani di aprire librerie per ragazzi in diverse aree della città.
Io credo che avrebbero successo e che aiuterebbero la ex capitale morale a riprendersi un ruolo nel Paese. Intanto aspettiamo Book City nell'augurio che altre città, in assenza di politiche governative, intervengano a favore della lettura.
Grazia Gotti
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