“Ognuno nella vita incontra prima o poi le sue linee d’ombra. Questo mi ha insegnato l’India: se si vuole trovare la felicità, per quanto imperfetta, non ci si deve addormentare sui traguardi raggiunti. Bisogna trovare la forza e il coraggio di scavalcare quelle soglie invisibili che di tanto in tanto ci si parano davanti e che la pigrizia, la paura, l’indifferenza, la noia, la consuetudine, l’illusione di essere arrivati ci portano a scansare…”. Il libro di Lucia Vastano, La magnifica felicità imperfetta, in catalogo per Salani, è pieno di linee d’ombra, di spazi/tempo in cui il desiderio di vita vince sulla rassegnazione, la visione di un mondo diverso sconfigge un destino apparentemente segnato.
Non è un libro che esalta il raggiungimento della felicità, ma un invito a riflettere sull’imperfezione.
Rakesh ha iniziato come lanciacacca per le strade di Delhi e la determinazione lo porta a superare la brutalità di un vissuto che lo immagina oltre i margini della società, impuro e invisibile, e a raggiungere la fama come scrittore.
Ma accanto a Rakesh ci sono centinaia di bambini senza nome che non superano la soglia dell’infanzia per la fame, il freddo, l’indifferenza, facili prede di turismo sessuale, oggetto di violenza continua da parte del mondo dei grandi e, a volte, anche dei pari.
Rakesh ci riporta a Jamal, il protagonista del film The Millionaire, ai film di Bollywod in cui gli attori superano le traversie della vita coronando il loro sogno d’amore, ma nel libro c’è molto altro.
Nelle parole scritte ci sono pensieri dichiarati e significati profondi, momenti di vera ilarità e pagine di dolore, c’è la verità di un possibile reportage e la costruzione letteraria.
Lucia Vastano in La magnifica felicità imperfetta dichiara il suo amore per l’India, un’India incontrata prima nelle affascinanti narrazioni del padre, poi scoperta in prima persona, frequentata, vissuta, sofferta, amata.
Silvana Sola
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