mercoledì 5 ottobre 2011

I sette nani

Bellissimo racconto che rivisita la favola di Biancaneve, concepito e illustrato dal grande Etienne Delessert, pubblicato da Margherita Edizioni, a dieci anni dall'uscita americana per Creative Company. Racconto storico, siamo nell'autunno del 1619, i sette nani ricevono l'invito per partecipare alle nozze di Biancaneve. Si preparano per presentarsi dignitosamente a corte, benvestiti e attenti all'etichetta. Fra tovaglioli di pizzo, per loro assoluta novità, giochi di carte, anch'essi inediti, nuovi cibi come la patata, divertimenti circensi, ricevono l'invito a rimanere a corte, sistemati in una bella casetta, come riconoscimento per essersi presi cura della bellissima bambina dalla pelle candida. Prendono tempo per pensare se accettare l'invito, con disappunto del re e sgomento dei cortigiani. Il tempo necessario al lettore per ripercorre in flash back la vicenda di Biancaneve. La storia, universalmente conosciuta, è stata immortalata dal grande Disney, ma, in quanto fiaba, racconto mai definitivo, aperto a tante interpretazioni, offre ancora la possibilità di indagine. Oggi, oltre ad ammirare le stupefacenti tavole di Delessert e a riflettere sulla decisione dei nani di ritornare nella foresta, fra le foglie di zenzero e gli scoiattoli sotto le sedie, mi interrogo sulla lingua, sul modo di rendere, ad esempio, la formula ricorrente che tutti gli italiani riconoscono come: “ Specchio, specchio delle mie brame, dimmi, chi è la più bella del reame?”
La formula, nel libro, invece, recita: “ Specchio fatato, in questo castello, hai forse visto aspetto più bello?” In tedesco suona così: “ Spiegelein, Spiegelein an der Wand, wer is die Schonste im ganzen Land?” La versione inglese non è bellissima: “ Mirror, mirror on the wall who is the most beautiful of all?”. La traduzione italiana per la versione Disney era perfetta, ma di certo non si poteva usare. Rileggendo i Grimm sono davvero toccata dal finale, davvero agghiacciante. Lo ricordate? La matrigna muore costretta a calzare le pantofole di ferro surriscaldate sul fuoco. Come può venire in mente?
Grazia Gotti

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