Non vedo Vichi De Marchi da diverso tempo, l’ho sentita di recente intervenire su Radio Radicale come portavoce, per l’Italia, del Programma Alimentare Mondiale, in merito alla terribile situazione in cui versa la Somalia.
E alcuni giorni fa ho letto il libro Quando arrivò l’uragano che ha pubblicato per Piemme, nella collana “Storie di oggi". Un libro sul presente, su una catastrofe che spazza via un piccolo paese della costa delle Filippine.
Protagonista Arden, un ragazzino che si vede costretto, assieme alla famiglia e a un piccolo gruppo di amici del villaggio, a lasciare il suo luogo d’origine e raggiungere gli slum di Manila in cerca di asilo, lavoro, nuove prospettive di vita. Una storia di solidarietà, una storia dentro la povertà, una povertà determinata dal divario sociale e dall’accanimento della sorte.
Il libro racconta la tenacia, la determinazione, il desiderio, racconta l’importanza della famiglia, della rete degli affetti e la perseveranza. Vichi scrittrice, giornalista (da ricercare “Atinù”, l’inserto dedicato ai ragazzi che accompagnò, per un periodo, il quotidiano "L'Unità"), collaboratrice per programmi televisivi, è impegnata da anni nel PAM, in giro per il mondo a monitorare , a cercare soluzioni, a portare aiuti, a cercare di dare visibilità e risposte concrete alla fame che attanaglia diversi parti del mondo, racconta la fame anche nel romanzo. La carenza di cibo accompagna il dipanarsi della storia assieme all’acqua, al fango, ai fiumi inquinati, alle latrine, agli insetti e alle malattie, da una parte, e alla capacità di immaginarsi un percorso di ricominciamento, dall’altra.
Arden, il fratello, la sorella, i giovani del villaggio sopravvissuti alla catastrofe, dimostrano di potercela fare e di essere capaci non solo di inventarsi il futuro, ma di pretenderlo migliore del presente. Il romanzo parla anche di speculazione, di giacimenti auriferi, di corruzione e dell'importanza del giornalismo, capace, a volte, di fare luce sulle molte ombre del potere.
Silvana Sola
martedì 2 agosto 2011
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