L’editore Salani ha ristampato la famosa raccolta "A-Ulì- Ulé", curata da Nico Orengo per Einaudi negli anni Settanta. C’è il cuore della nostra oralità, la magia delle cose mai più dimenticate, il mistero di certi accadimenti sospesi fra reale e surreale. Da dove vengono queste rime? A cosa servono? Hanno ancora una ragione? Sembrano remote e distanti dal pianeta infanzia della contemporaneità, pianeta sul quale ci si affida alla tecnologia, dal rilevatore di rumore nella stanzetta del cucciolo, alle ninnenanne su CD, dimenticando il valore della Parola e della Voce.
Nico Orengo, attento osservatore nella sua prosa dei mutamenti della modernità, descriveva con toni sarcastici, a volte stralunati e surreali, ciò che vedeva intorno a sè. Forse era consapevole che la tradizione è la linfa che ci dà forza, ci nutre, ci fa fiorire e maturare. Era curioso del nuovo: ricordo la sua recensione su Tuttolibri nel lontano 1987 quando partecipammo per la prima volta alla Fiera di Bologna con uno stand “fatto in casa”, come lui scrisse. Ci guardava sorridendo, scrisse che eravamo operose e creative. Si era occupato di libri illustrati per la Emme, proprio prima della sua chiusura.
La sua raccolta di rime, filastocche e ninnenanne è ora un classico, come diceva Calvino, un libro che non ha finito di dire quel che ha da dire.
Grazia Gotti
domenica 29 maggio 2011
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