martedì 26 ottobre 2010

L'esistenza di Dio spiegata da tre pinguini



In un paesaggio di neve e ghiaccio, ghiaccio e neve, tre pinguini si annoiano, litigano e discutono. Discutono di Dio, dell’impossibilità di essere certi della sua esistenza, dal momento che è invisibile, di tutte le regole che ha inventato, di quanto sappia essere antipatico con chi non le rispetta e di quanto, invece, sia gentile con chi lo fa, di chi va in Paradiso e di chi non ci andrà. Finché un giorno, uno di quei giorni sempre uguali a tutti gli altri, arriva svolazzando una farfalla gialla. Il più piccolo dei pinguini, rissoso e testardo, vuole schiacciarla, così, senza motivo, solo perché gli va di farlo. Dissuaso dagli altri due a suon di ceffoni, ci si siede accidentalmente sopra e – questa volta senza volerlo - la schiaccia davvero. Infuriato dalla reazione degli amici e incupito dalla prospettiva della punizione che Dio potrebbe riservargli, pianta tutti in asso e scompare all’orizzonte.
E Dio, che come avevano sentenziato i suoi amici “in fatto di punizioni ha una bella immaginazione”, scatena il finimondo.
In senso letterale. Hanno già l’acqua alle caviglie, i due pinguini, quando ricevono da una colomba trafelata gli ultimi due biglietti per la salvezza. “L’arca parte alle otto. Chi arriva tardi affoga.” Ma per quanto cocciuto e prepotente, si può abbandonare un amico al proprio destino? Neanche per sogno. Cacciato a forza dentro una valigia e caricato a bordo, anche per il terzo pinguino inizia il lungo viaggio in un’arca stipata di animali capaci solo di lamentarsi, attaccar briga con i vicini e complicare a tal punto la vita della burbera colomba tuttofare, da indurla a dire che “sarebbe stato meglio fossimo annegati tutti”.
Si muove sui ritmi e sui tempi comici della commedia il racconto di Ulrich Hub, scrittore, sceneggiatore, regista e autore teatrale per adulti e ragazzi. Ultima parte di una trilogia nata per il palcoscenico che inizia con Pinguine können keinen Käsekuchen backen e prosegue con Der dickste Pinguin vom Pol, L’arca parte alle otto (An der Arche um Acht) pone con apparente semplicità, grande intelligenza, acume e leggerezza la domanda sull’esistenza e l’essenza di Dio. La pone affidandola a tre pinguini, ingenui, impulsivi e anche un po’ timorosi dell’immagine convenzionale che hanno di Dio, lasciando però ai loro dubbi l’ossigeno per la riflessione e alla riflessione la libertà dell’esito, senza perdere mai di vista valori universali come la responsabilità delle proprie azioni, la tolleranza, il coraggio, l’amicizia, l’accoglienza.
E’ un libro che si legge sorridendo, spesso ridendo di gusto, trascinati dal passo incalzante delle parole e dal segno solo in apparenza naive delle illustrazioni di Jorg Muhle, che accompagnano il testo in un contrappunto iconografico perfettamente calibrato.
Una grande prova d’autore, tradotta in molti paesi e vincitrice di premi nazionali e internazionali di prestigio come il Deutschen Kindertheaterpreis nel 2006 per il teatro per ragazzi e il Prix Sorcières francese nel 2009 per la letteratura.
E mentre ne gustiamo la stesura in forma di romanzo, non possiamo fare a meno di immaginarne la saporosità della versione teatrale che, anche nell’essenzialità scarna della scenografia e dei costumi, prosegue la straordinaria tradizione del grande teatro tedesco d’avanguardia.
Alessandra Valtieri

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