mercoledì 30 settembre 2009

Anche i muri hanno orecchie

È lieve, delicato e discreto il bianco e nero di Desideria Guicciardini che accompagna le parole di Lia Levi per il romanzo Maddalena resta a casa.
Introduce i capitoli, li contiene, li rimarca, traccia segni nella parte alta della pagina, apre finestre, invita a guardare oltre.
E quella gentile figurina femminile seduta in poltrona, garbatamente disegnata, ci appare come il narratore, il filo conduttore della storia. Invece Lia Levi affida il testo ad un narratore imprevisto che porta il nome di Albarosa, un narratore che dichiara il suo anno di nascita, che si descrive in modo accurato per informarci che non è una persona, bensì una casa.
Saranno i muri, le stanze, gli spazi vuoti che si riempiono di mobili a informarci di ciò che succede, a presentarci Maddalena, madre inglese prematuramente morta, e padre giornalista.
È il 1938, l’Italia cambia in seguito alle leggi razziali, finiscono le amicizie, si perde il lavoro, a volte, coraggiosamente, ci si oppone. Marco, il padre di Maddalena, antifascista dichiarato, è accusato di un complotto contro il regime e, per questo, arrestato.
Cosa farà Maddalena sola, in una casa nuova, senza nessuno che si occupa di lei? Forse non è proprio sola, forse la casa cela amicizie preziose…
Il libro, ora in catalogo per Piemme, era uscito, nel 1990, in una interessante collana mondadoriana dedicata alle storie d’Italia, ora fuori catalogo.
Lia Levi, con il suo stile inconfondibile, con una capacità unica di descrivere periodi storici difficilissimi senza attingere ad una prosa pesante, costruisce un libro che esalta l’amicizia, che ricorda che, nella vita, bisogna fare delle scelte e decidere da che parte stare.
Silvana Sola

martedì 29 settembre 2009

Cagliari-Parigi, via Bologna

Lo scorso agosto la rinomata casa editrice Dargaud, specializzata in fumetti, ha pubblicato il primo albo, made in France, di Vanna Vinci: Chats noirs chiens blancs. Nella Parigi contemporanea, già visitata assieme a Vanna e Sophia, nel secondo dei due volumi che vedono quest’ultima protagonista (Sophia nella Parigi ermetica, Kappa, 2007), troviamo una giovane italiana, Gilla, che lascia tutto, paese e compagno, per andare a studiare fotografia nella ville lumière. Nel suo girovagare Gilla incontrerà strani personaggi e numerosi fantasmi: il primo amore adolescenziale morto prematuramente, i nonni, Samuel Beckett e una misteriosa donna che vaga nuda per la città e di cui la protagonista vuole scoprire l’identità.
Le storie della Vinci sono in bilico tra realtà e mistero; le sue protagoniste dividono sempre il loro quotidiano con presenze ambigue, enigmatiche, spesso esoteriche.
Il personaggio che mi fece scoprire la fumettista cagliaritana, è quello della giovanissima Lillian Browne (che ritroviamo anche in Viaggio Sentimentale). In questa storia, che ci introdurrà nel Regno segreto, nel paese del “buon popolo”, come lo chiamano in Irlanda, un mondo popolato da fate e folletti, vediamo alternare le pene amorose di Lillian, innamorata del bel tenebroso Holden, alle sortite del poucka Nick (vedere la dettagliata introduzione del volume) o del genio Abul (Assan Alì Azarbin e gli altri nomi te li risparmio…).
Accenno solo al primo esilarante desiderio che Abul, uscito dalla lampada, esaudirà per Lillian: una cena completamente a base di sushi. A voi di scoprire gli altri due!
È da ricordare inoltre l’eterogenea ma appassionante colonna sonora che lungo tutto il racconto accompagna Lillian e i lettori: dal trombettista Bix Beiderbecke alla spagnola Luz Casal, dai BoneyM ai Beatles.
Numerosi sono i personaggi che Vanna ha creato: Aida, Sophia o la spassosissima Bambina Filosofica, solo per citarne alcuni. Tre sono gli albi pubblicati in collaborazione con Giovanni Mattioli, sceneggiatore di fumetti e editore: oltre a due racconti bolognesi, segnaliamo il bel manga, Una casa a Venezia (uscito per la giapponese Kodansha nel 1998), che anticipa di quasi dieci anni le tante storie d’amore, oggi in voga, tra mortali e vampiri.
Per scoprire il lavoro di Vanna Vinci, e più in generale capire come si costruisce un fumetto ricordiamo il corso che con Giovanni Mattioli, li vede docenti, a partire dal prossimo novembre, presso la bolognese accademia Drosselmeier.
David Tolin

lunedì 28 settembre 2009

Le passioni della mente esistono

Fra tanti libri per ragazzi oggi si pone all’attenzione degli amici di Zazie, che sono parecchi e fedeli, ma muti come pesci, un libro per adulti, nelle parole di Virginia Woolf, “the magnificent book with all its imperfections is one of the few English novel written for grown-up people.” (The Times Literary Supplement, 20th November, 1919). L’ho letto al mare lo scorso agosto e ancora mi risuona dentro. E’ un libro scritto da una donna il cui vero nome, Mary Ann Evans, pochi conoscono. Il romanzo è Middelmarch, firmato George Eliot. Mary Ann non era tenera con la scrittura al femminile, aveva scritto Silly novels by Lady Novelist, un saggio nel quale critica i mind-and-millinery novels (romanzi mente e cappellino). La grande Antonia Byatt che firma l’introduzione dell’edizione Bur, rilegge la Eliot: “Quando ero più giovane andava di moda criticare che scrivesse dal “punto di vista di Dio”, come se fosse onnisciente. I commenti della sua voce autoriale apparivano antiquati. Meglio sarebbe stato se avesse scelto un punto di vista limitato, o scritto con la voce dei suoi personaggi. Oggi mi sembra una sciocchezza: se una scrittrice ti dice qualcosa che conosce o sente, e tu le credi, non è perché pensi che sia Dio, ma perché sta facendo il suo lavoro, come scrittrice. Ci hanno insegnato a ridere dei repertori di “motti di spirito e di saggezza di George Eliot”. Ma la verità è che lei è saggia: non solo intelligente, anche saggia. La sua voce acuisce la nostra reazione al suo mondo. "Ancora Virginia afferma che Mary Ann “must reach beyond the sanctuary and pluck for herself the strange bright fruits of art and knowledge”. I frutti dell’arte e della conoscenza. “Le passioni della mente esistono”, afferma Mary Ann, nata nel 1819, cresciuta in un secolo che apre l’Università al genere femminile. Ada Byron, nata nel 1815, aveva studiato a casa con istitutori di valore, ed era stata avviata dagli studi matematici dalla madre. “Voglio applicarmi di più. Capire di più. Svolgere esercizi di matematica e studiare teoremi e corollari sono le attività che mi danno maggiore soddisfazione al mondo, un piacere superiore perfino a quello di sentire il cavallo volare al galoppo sotto il proprio corpo o alla gioia immensa di ballare, studiare matematica è raccomandabile anche come medicina per calmare i nervi delle persone fragili, sostiene la mamma.” Simona Poidomani, entra nel personaggio e con mano felice ci restituisce un racconto intenso, impegnativo, come la buona scrittura deve essere. Pia Valentinis, sempre più brava, aggiunge al testo i volti, gli abiti, i paesaggi.
Numeri e poesia, ultimo titolo fresco di stampa della collana “Donne nella scienza”, diretta da Simona Cerrato, è uno strumento importantissimo per stimolare le giovani lettrici e per aiutarle a godere dei frutti dell’arte e della conoscenza. I libri per ragazzi sono preziosissimi per accendere passioni intellettuali, lo sapeva anche Mary Ann Evans che alla fine di Middelmarch, dopo 825 pagine che ti tengono e non ti mollano mai, di Mary Garth ci dice che si dedicò alla scrittura per i ragazzi, senza perdere la sua sottile ironia.
“Ma quando Mary scrisse un libretto per i figli, intitolato Storie di grandi uomini, prese da Plutarco, e lo fece stampare e pubblicare da Gripp & Co., a Middelmarch, tutti in città furono pronti a concedere il credito di quest’opera a Fred, osservando che egli era stato all’Università, “dove si studiano gli antichi”, e che avrebbe potuto fare il prete se avesse voluto”.
Grazia Gotti

venerdì 25 settembre 2009

Saper vedere

Finiscono qui (ma solo temporaneamente) i nostri post sull’arte. Stiamo preparando per voi una bibliografia ad hoc.
Vi lasciamo con le parole di Matteo Marangoni.

Un passo notevole verso l’educazione del gusto pareva fatto con l’introduzione della Storia dell’Arte nei licei, ma anche qui l’indirizzo, quasi esclusivamente dottrinario, ha dato magri frutti. Per dirne una, troppo pochi - per non dir punti – sono i professori che usino le proiezioni luminose, assolutamente invece indispensabili all’educazione del gusto e alla definizione dello stile. Chiesto una volta a un professore se faceva le proiezioni: “ma allora diventerebbe un divertimento!” rispose quello, quasi scandalizzato. Tanto balorda idea hanno certi professori dell’insegnamento! Ma anche nel caso che si facciano proiezioni, credo che meno ancora sieno coloro i quali sappiano farvi su un vivo e aderente commento critico, insegnare cioè “come si guarda un’opera d’arte” – ciò che, sin dal 1923, io volli con queste parole raccomandare nei programmi liceali. Ho veduto poi, con rammarico, che questa frase nei successivi programmi è stata soppressa perché, forse, ritenuta superflua in base alla solita errata convinzione che “il bello lo vedono tutti!”

Matteo Marangoni, Saper Vedere, 1927

Dicono di questo libro:

Mancava un libro come questo nel quale l’identità assoluta di storia e critica d’arte fosse così profondamente e concretamente sentita.
La cultura, Carlo Argan

Noi possiamo egualmente lodarne le intenzioni e i risultati, che non sono né pochi né trascurabili.
L’Ambrosiano, Carlo Carrà

La storia dell’arte non è per il Marangoni nei libri ma nelle opere; non è segregata nei musei, fa parte viva della vita.
Il convegno, Cesare Brandi

Indispensabile anche a una persona colta.
L’illustrazione italiana, Mario Praz

Quando il lettore incontra Caravaggio adolescente

Ne L’avventura di un lettore di Italo Calvino veniva proposto un modello di lettura: serviva la spiaggia, un romanzo corposo con adeguato numero di pagine, uno scrittore, un plot narrativo costruito sul ritmo, sulle alternanze, un io lettore… e poi le distrazioni.
I modelli di lettura possono essere tanti e non soggetti al numero delle pagine o al luogo del leggere. Rimangono tre elementi fondamentali tra quelli ritrovati nel racconto di Calvino: lo sviluppo della storia, il lettore e chi scrive. Le pagine sono meno di duecento nel libro scritto da Luisa Mattia, Caravaggio e l’incanto della strega, in catalogo per l’editore Lapis.
Il Caravaggio raccontato non è quello trovato morto sulla spiaggia di Porto Ercole, seppellito nella fossa comune degli stranieri, non il grande artista in fuga dopo risse e guai con la legge: Michele Merisi è un tredicenne con una mano straordinaria che si appresta ad andare a bottega da Simone Peterzano, importante pittore milanese, allievo di Tiziano.
Michele è molto sicuro di sé, spavaldo, poco incline a sottostare all’autorità, non avezzo a vivere in ambienti in cui la gelosia, l’invidia, la codardia, muovono le relazioni.
Ma ha voglia di conoscere, vuole sapere come si usano i colori, come deve scorrere il pennello sulla tela, riconosce la grandezza del suo maestro e il desiderio di imparare gli permette di controllare l’animo ribelle. Luisa Mattia fa sentire, nella sua prosa, la mano che affina il segno, l’occhio che guarda ammirato le grandi opere, lo sguardo che si posa insistito sui volti delle persone di strada per poterne fissare, oltre all’immagine, l’intensità della vita.
E la vita già intensa di emozioni di Caravaggio si movimenta ancor di più con l’arrivo di Lucia, giovane commediante, accusata di stregoneria.
La storia cresce e le parole raccontano i colori delle opere di Michele Merisi e i colori dei sentimenti che lo portano ad elaborare un ingegnoso piano per salvare la giovane amica dalla morte. Una storia di vita e di arte, una storia perfettamente costruita per tracciare un ritratto di un Caravaggio adolescente, fatto di realtà e di finzione, un invito a scoprire il talento di quello che sarà uno dei più straordinari pittori della storia dell’arte.
Silvana Sola

Morandi, Bologna e i fanciulli

Forse per la vecchiaia, forse per il rifiuto di questi tempi volgari, mi rifugio sempre più nei libri antichi e vecchi. Fra i vecchi prediligo quelli stampati entro gli anni Sessanta, mi riferisco a romanzi e saggi, mentre per il visivo mi piacciono molto anche gli anni Sessanta, Settanta e primi Ottanta. Il mio linguaggio si trasforma e mi accorgo di usare il termine “fanciulli” che ai più sembrerà obsoleto, ma per me corrisponde ad un’idea di fanciullezza senza tempo, una fanciullezza che tiene testa al tempo, che non si adatta alle mode, che resiste al decadimento della lingua. Morandi per i fanciulli dunque fu un’impresa del 1993, quando a Bologna avvenne che le opere di Morandi furono donate al Comune, il quale predispose per accoglierle un apposito Museo in Palazzo d’Accursio. Disponevamo di un celebre modello, Linnea nel giardino di Monet, un libro svedese del 1984, pubblicato in tutto il mondo. Per raccontare Monet Cristina Bjork e Lena Anderson, autrice e illustratrice, avevano soggiornato a Parigi, fatto ricerca e con l’editore avevano assemblato un’opera che vedeva insieme il racconto, la fotografia, l’illustrazione e la pittura di Monet. A Bologna è stato facile rintracciare le fotografie (siamo fiere di averne pubblicato una di Luigi Ghirri). Si trattava di scegliere l’illustratore e l’autore. Volevamo Grazia Nidasio, la più grande illustratrice italiana e lei volle come autore Antonio Faeti. Antonio ebbe anche il suo titolo, un omaggio ad una fanciulla fiorentina con la quale condivideva un giardino pesarese.

Il book designer era Beppe Chia che si prodigò in risguardi morandiani di intensa bellezza. L’assessore alla Cultura di Bologna di allora era il pittore Concetto Pozzati, al quale va la nostra gratitudine per aver sostenuto il libro. Il rammarico dell’editore è di non essere riuscito a farne un’edizione inglese per la mostra di New York. Il sindaco Cofferrati e l’assessore Guglielmi non avrebbero capito il senso di un buon libro d’arte per fanciulli, erano troppo distanti dalle cose piccole. E noi non abbiamo combattuto a dovere. La resa ci pesa ancora, ma le forze, invecchiando, scemano.

Grazia Gotti

giovedì 24 settembre 2009

L’arte di fare fumetti

Non è necessario parafrasare l’illustratrice ceca Kveta Pacovskà per poter considerare anche il fumetto una galleria d’arte. Le diverse scuole, gli svariati generi, i suoi piú di cento anni di vita, lo fanno rientrare a pieno titolo all’interno della categoria.
Quello di Alfred, che solo quest’anno siamo riusciti a conoscere anche in Italia grazie alla casa editrice laziale Tunué, è un fumetto realista, un fumetto che non ha paura di affrontare tematiche molto difficili, ancora ritenute dei tabù.
In Perché ho ucciso Pierre, scritto dal giornalista e romanziere Olivier Ka, si affrontano molti temi legati alla crescita: la famiglia, la sessualità, la religione, ma soprattutto si parla di abusi sessuali, di pedofilia. L’intero racconto, vera e propria narrazione biografica, è scandita dalle 11 tappe della vita del trentacinquenne Olivier. I 7 anni di un bimbo non piú a suo agio tra le strette regole imposte dalla Chiesa. Gli 8 anni, vissuti in una famiglia sessantottina, aperta ad esperienze comunitarie a contatto con la Natura. I 9, segnati dalla presenza di Pierre, un prete sui generis, amico di famiglia e i 12 dal campo estivo alla Joyeuse Rivière.
Olivier ritraccia tutti i momenti che hanno segnato la sua vita, in un monologo interiore, terapeutico e liberatorio. L’uccisione, solo metaforica, di Pierre avviene nelle ultime pagine, durante un viaggio nei luoghi di vacanza dove piú di vent’anni prima il ragazzino aveva subito l’abuso. L’incontro casuale tra l’Olivier adulto e l’ormai anziano prete segna il passaggio del testimone, la consegna di un fardello duro da portarsi appresso.
L’artista francese ha iniziato la sua avventura di fumettista negli anni ’90, creando Scalp! le fanzine qui décoiffe, un periodico indipendente e successivamente Ciel Ether, una struttura di auto-edizione.
Ha firmato poi numerosi comics, anche come sceneggiatore. Con Olivier Ka con Perché ho ucciso Pierre, nel 2007 ha ricevuto al Festival Internazionale del Fumetto di Angoulême, numerosi premi.
Incontreremo Alfred, questa volta in veste d’illustratore dell’imagier dedicato alla lettera B (éditions L’édune), venerdì 26 settembre alle 18,00 alla libreria Giannino Stoppani di Bologna, che in occasione di ArteLibro, inaugura la mostra “L’arte di fare gli abecedari”.
David Tolin

Immagini: Alfred, Bla, bla, bla, in B, éditions L'édune, 2007;
copertine degli abecedari de l'éditions L'édune, 2007-2008.

mercoledì 23 settembre 2009

LUOGHI, NATURA, PERSONE, nell’Arte.

Dove lavorano i pittori? Un pittore giapponese è inginocchiato sul pavimento e dipinge un paesaggio con un lungo pennello e, probabilmente, lavora a memoria e non ha modelli da copiare. Sembra, inoltre, che stia dipingendo velocemente. I pennelli, i colori e la ciotola per l’acqua sono sistemati in bell’ordine sul pavimento accanto all’artista. Ando Hiroshige dipinse così L’artista al lavoro. Il pittore nello studio, di Jan Vermeer, invece, ci mostra una situazione assai diversa. I luoghi di lavoro ma anche i luoghi come soggetti: Mont Sainte-Victoire di Cezanne e il monte Fuji di Hokusai. L’intelligenza dei ragazzi è sollecitata in più direzioni, dall’osservazione della prospettiva a partire da Cacciatori nella neve di Brueghel, alla piattezza di Ambrogio Lorenzetti. Falsa prospettiva di William Hogart o Le scale di Escher offrono ancora una diversa prospettiva. L’occhio scopre i trucchi degli antichi dipinti romani e cattura il vorticoso movimento moderno de La città che sale di Boccioni.
Fiori, frutta, vento, acqua, ghiacci, di tanti stili: dalla cavalletta sui fiori di Utamaro, all’acqua di Hokusai, fino alla tempesta di neve di Turner e ai ghiacci di Caspar-David. La natura immaginata e variopinta di Rousseau il Doganiere, e il ricordo della natura che un tempo forniva le pietre, le coccinelle, l’arsenico, lo zafferano per fare i colori. Poi ci sono gli animali, quelli disegnati da Leonardo, da Rembrandt e quelli dipinti da Audubon. Ed infine le persone: i ritratti, le forme di Henry Moore, le figure egizie, le figure immaginarie di Arcimboldi, le maschere africane, le figure tragiche di Munch, le lacrime di Picasso, le caricature. I tre volumi, in un linguaggio semplice e diretto, offrono infinite occasioni di conoscenza e di attività, passando in rassegna diverse tecniche, dal collage al graffito, dalla stampa utilizzando una patata, alle indicazioni sui formati, sui colori e i pennelli.
Questa piccola biblioteca d’arte, costituita di tre albi, è opera di Anthea Peppin, divulgatrice inglese che negli anni Novanta preparò questo percorso nell’intento di essere utile a quanti intendessero aiutare i ragazzi ad addentrarsi nelle botteghe dell’Arte. Dalla bottega all’aula scolastica, immaginiamo la gioia dei fanciulli di fronte a una maestra, unica o prevalente che sia, in grado di lavorare con loro seguendo gli ottimi suggerimenti di Anthea Peppin? Un paese normale farebbe sì che questi libri approdassero sullo scaffale della biblioteca di classe, accanto ai pennelli, alle tempere, agli acquerelli, al linoleum per la sgorbia, e a tutti gli strumenti che la mano e l’intelligenza hanno il diritto di sperimentare nelle due ore settimanali di educazione all’Immagine.
In occasione di Artelibro una speciale promozione alla libreria Giannino Stoppani 3 volumi 15 euro
Grazia Gotti

martedì 22 settembre 2009

L’arte è un bene necessario

Pinin Carpi, in un prezioso libro dedicato ai ragazzi uscito per i tipi di Mondadori nel 1983, sottolineava la necessità dell’arte come bene comune, ingrediente indispensabile per garantirsi una migliore qualità della vita. Vorrei sottolineare il bene comune, perché mi sembra un perfetto punto di partenza per parlare di arte e di ragazzi, di conoscenza e di trasmissione del conosciuto, di conservazione e di valorizzazione. Sono questi i temi che attraversano il libro di Sabina Colloredo, pubblicato da Einaudi ragazzi, dedicato a Peggy Guggenheim, all’ereditiera ribelle che ha attraversato tre quarti di secolo, sconvolgendo amici e nemici, troppo spesso ricordata per il numero dei potenziali amanti a scapito dello straordinario lavoro messo a segno nel nome dell’arte. Peggy apre le collezioni al pubblico, le fa diventare museo, salva artisti e opere d’arte nell’Europa schiacciata dalla follia di Hilter. Il libro svela il significato di collezionista, in un’accezione aperta, un collezionismo generoso, plurale, lontano dal semplice senso del possesso e dall’esaltazione dell’ego. Peggy è meravigliosamente umana nella sua adolescenza fatta di luci e ombre, nella descrizione di una ricchezza “ che riempiva lo stomaco, l’armadio e la casa, ma non quella sensazione di vuoto che sentivo quando, sdraiata sul letto, mi lambiccavo il cervello su cosa avrei fatto della mia vita”. E la sua vita è stata una vita vissuta all’insegna del fare, dell’essere. Il libro la lascia nella città di Venezia, una città alla quale ha regalato, vera mecenate del novecento artistico, una bellissima casa museo che conserva, in un angolo del giardino, le sue ceneri, accanto ai resti degli amati cani con i quali si faceva frequentemente fotografare. E’ un libro da leggere veloce, perché le parole volano impegnate ad inseguire il vortice fisico, mentale di una bambina e poi di una donna intelligente, stravagante ed eccentrica, capace di vedere il genio nell’opera di un artista sconosciuto.
E il vortice, il movimento, la forza del pensiero, lo sguardo attento, la ricchezza e la bellezza diventano soggetto per le illustrazioni di Alessandra Cimatoribus, impegnata a delineare una figura come “opera d’arte”. Ed è ancora l’arte come forma di espressione necessaria per la vita, quella che racconta un Mantegna alla fine dei suoi giorni, descritto nel disfacimento fisico, nel vortice dei pensieri, nel ricordo di una vita che è parte della sua opera, nel risentimento, nel rancore, nella potenza delle riflessioni, dalla prosa unica, colta, impietosa, lucida e poetica di Matteo Marchesini. E’ l’arte raccontata ai ragazzi, è la letteratura che svela le storie di vita, è la parola che si muove al passo con l’ opera d’arte. Il libro voluto da Grazia Gotti, nella collana “L’OcchioTattile” edita da Mottajunior, presenta un Andrea Mantegna vivo, sofferente come il suo San Sebastiano, stupefacente come il Cristo Morto, onirico e inatteso come lo sguardo che scopre la Camera degli sposi. Come nuvole di roccia è un libro necessario, perché si preoccupa di svelare l’arte e lo fa attraverso un narrato che è vita, storia, lavoro. E’ un libro alchemico nel quale la riproduzione dell’opera, il peso del testo, la scelta del carattere contribuiscono a tracciare un percorso fatto con il preciso intento di offrire occasioni di conoscenza e di visione.
“ (…) altri libri gli tornano alla mente. I codici che a vent’anni gli mostrava Michele Savonarola, il suo padrone di casa padovano, che lo aveva raccomandato a Ferrara, dov’era medico di corte, e gli aveva fatto leggere la traduzione in volgare del trattato dell’Alberti sulla pittura, dove si dice che chi manovra il pennello è non un mestierante qualunque, ma un uomo d’arte intero, al pari di un poeta…”
Silvana Sola

lunedì 21 settembre 2009

Leggere l'Arte

In occasione di Artelibro Zazie dedica la settimana ai libri d’arte per ragazzi.

Gli studi di Antonio Faeti, già allievo di Giovanni Maria Bertin, hanno influenzato la nostra formazione e, di conseguenza, il nostro progettare, ricercare, leggere e divulgare conserva traccia di quei primi impulsi. Pur permanendo lo spazio letterario il primo a cui continuiamo a dedicare la maggior parte del nostro lavoro, non abbiamo tuttavia tralasciato le Arti, quelle maggiori e minori, dalla pittura all’illustrazione, dalla scultura al design, dalla grafica alla stampa. Il primo compito che ci siamo assunte, sin dal 1992, è stato quello di “raccogliere” i materiali: tutti i libri sull’Arte pensati per i ragazzi. Dove tutti significa nessuno escluso, sia esso pubblicato in Usa, come in Brasile, in Francia come in Libano. Il frutto di questo lavoro è custodito e conservato a Reggio Emilia, città partner del progetto DIDART, di cui fanno parte Bologna, Colonia, Copenaghen, Helsinkj, Bratislava. Arte e Didattica dell’Arte: fra questi due poli noi ci occupiamo dei libri.

Il libro è il punto di partenza; dal libro spremiamo la linfa per la messa a punto del nostro “fare”. Fare mostre, fare bibliografie, fare libri, fare incontri di formazione, fare laboratori. Leggere l’arte 1 e Leggere l’arte 2 sono due bibliografie che danno conto della ricchezza quantitativa e qualitativa dei libri d’arte per ragazzi. La via della sgorbia di Antonio Faeti (Giannino Stoppani 2003) è un testo che noi poniamo in diretta discendenza da L’arte dei bambini di Corrado Ricci (Zanichelli 1887, Armando 2008), arricchito dalla pedagogia di Celestin Freinet. Un testo per noi importante è stato Educare con l’arte di Herbert Read, pubblicato in Inghilterra nel 1943, tradotto da Giulio Carlo Argan (sotto i bombardamenti) per le Edizioni Comunità di Adriano Olivetti.

Grazia Gotti

venerdì 18 settembre 2009

Dalla Piazza Rossa: i libri per ragazzi dell'era Putin Medvedev

Non avevo prestato attenzione a questo libro uscito nella collana Rizzoli Oltre in aprile 2008. Da tempo pensavo alla Russia, ai libri russi per ragazzi che non riuscivo a vedere. Gli editori russi non partecipano alla Bologna Children’s Book Fair e a Francoforte hanno uno stand abbastanza grande, ma privo di libri! Con questo libro tergiversavo, forse per via del cane nel titolo e in copertina. Lo riprendo in mano dopo aver visitato la Fiera del libro di Mosca e mi accorgo che sul fondo della copertina, appena accennati, svettano San Basilio e la Torre dell’orologio. La Piazza Rossa! Ora finalmente l’ho letto e il cane c’entra, ma non troppo. Lo dichiara anche l’autrice: “Cari lettori, il piccolo libro che avete fra le mani è la storia di un cane, ma allo stesso tempo è anche la storia dei suoi padroni: la storia di una famiglia vissuta, si direbbe, non molto tempo fa eppure, a quanto sembra, nel secolo scorso e, cosa più importante, in un’altra epoca, oggi detta ‘epoca sovietica’ ”.

Quanto ammiro, quanto amo
La mia bandierina rossa

Siamo al Palazzo dei Pionieri, all’epoca di Breznev, la piccola protagonista canta nel coro e il nonno sventola la Pravda.
“Il concerto andò bene, e dopo ci portarono tutti nella Piazza Rossa e lì ci elessero membri degli Ottobrini, e cantammo pure al mausoleo di Lenin, nonostante il nostro coro al concorso avesse ottenuto l’ultimo posto. Il nonno era comunque soddisfatto, e anch’io ero in uno stato d’animo festoso, sebbene avessi paura: dentro il mausoleo era buio, Lenin giaceva su una coperta rossa, il suo viso era illuminato da una lampada e la coperta gli dava un colore rosa. Strinsi forte i pugni per la paura e cacciai le mani dentro le tasche del cappotto, ma a un tratto la sentinella, che sino a quel momento se ne era rimasta immobile, si risvegliò, si piegò su di me e disse, con una voce da maestro severo: “Tira fuori le mani dalle tasche!”

L’autrice Natalia Nussinova nata a Mosca nel 1965, è figlia di Ilja Nussinov, sceneggiatore e drammaturgo, autore di diversi film per adulti e bambini, critico e storico del cinema ed è al suo primo libro per bambini. In Russia le famiglie dell’intellighenzia sono ben solide, e garantiscono quella stabilità e continuità di cui Putin sente tanto la necessità. Si è appena celebrato il funerale del novantaseienne Sergei Mihlkaikov, poeta per bambini, autore dell’inno sovietico, (più volte adattato alle circostanze della Storia), padre dei cineasti Nikita e Koncialoswki, marito della figlia del pittore Surikov.
La stampa russa ha ripreso la stretta di mano fra Putin e il vecchio Mihlkaikov, autore di rime popolarissime per bambini, che hanno per protagonista un poliziotto molto buono, molto alto, alto quanto Mihlkaikow stesso. La stampa europea ha dato notizia e commentato la figura del grande vecchio, figura che permette di ripercorrere la storia russa per un intero secolo. Interessante il pezzo del Guardian e strano quello di Dario Fertilio, firma de Il Corriere della Sera, che si trovano in rete. L’espresso della settimana ha pubblicato il carteggio fra la scrittrice Ljudmila Evgen’evna e il celebre detenuto Mikhail Borisovic Khodorkowskj. Anche loro citano un libro per bambini dal titolo Delitti e castighi, che non riesco a trovare. Il diritto di amare un cane è il solo libro russo per ragazzi in libreria, è un libro utile per capire la Russia di oggi, per scoprire la casa editrice indipendente Cakomat, diretta da una elegante giovane signora russa che in perfetto francese, pubblica la Murail e dialoga con Beatrice Masini, editor Rizzoli.
Intrecci forse sconosciuti al Kgb, che fanno sperare in una Repubblica delle Lettere senza confini.
L’Occidente deve temere la nuova Russia di Putin e Medvedev? La risposta al libro Stelle del Cremlino di Fabrizio Dragosei edito da Bompiani, da poco in libreria, è sì e no. Se dopo gli oligarchi arrivano i libri per ragazzi, allora c’è speranza.
Ma come arrivano i libri per ragazzi?
Beatrice Masini, gentile come sempre, racconta a Zazie come fu che…
Grazia Gotti

... tutto è cominciato con una mail di una ragazza siciliana, Caterina Balistreri, che si proponeva come lettrice dal russo. Ci siamo viste, mi ha raccontato la storia dei suoi studi e dei suoi soggiorni esotici, ha letto e commentato di sua iniziativa alcuni libri che non abbiamo poi scelto di pubblicare: ma, come succede spesso in questi casi, simili proposte servono
a valutare l'intensità, la curiosità, la competenza di una persona. Quando poi mi è capitato di sentir parlare del romanzo della Nussinova, era il 2007, l'ho richiesto, gliel'ho spedito, lei l'ha letto, apprezzato e raccontato così: "Trovo sia quanto di meglio la Russia abbia da offrire per la letteratura per ragazzi.
Leggendolo mi veniva in mente che questo il libro è il punto d'arrivo, o almeno fra i primi importanti frutti, di un percorso complesso e difficile vissuto in Russia da questo settore dell'editoria dalla fine dell'Unione Sovietica. Essendo stato un cavallo di battaglia della retorica di regime, si è liberato con maggiore difficoltà - mi sembra - da quel vischio, e ha continuato a proporre racconti sempre meno pregnanti, che spesso si rifugiano in una fantasia innocua, o sterile. Questo libro (...) si propone di stabilire un vero dialogo con il lettore, vuole davvero raccontargli qualcosa. Ed è vero che dalle sue pagine traspira molto amore per chi ha vissuto in quella che l'autrice definisce la Grande Illusione, magari essendone già allora cosciente, o magari con grande ingenuità". Il commento di Caterina specificava che questo non era e non è un libro facile per i ragazzi russi e non lo sarebbe stato per quelli italiani. Ma la difficoltà dalle nostre parti non è mai un ostacolo, e insomma, mi pareva che la storia di Jerik dovesse essere tradotta e diffusa. Ovviamente è a Caterina stessa che è stata affidata la traduzione. Ovviamente il libro non ha avuto un grande successo: ma aveva il diritto di essere letto e conosciuto, anche da pochi.
Beatrice Masini

giovedì 17 settembre 2009

Facciamo il pieno dal libraio

Per l'etichetta literacy policy, il post di Zazie è dedicato ad una segnalazione molto importante: sul quotidiano La Stampa di oggi a pagina 36, nella rubrica l'Editoriale dei lettori, Rocco Pinto, il famoso librario torinese della libreria La Torre di Abele, interviene nel dibattito sulle librerie con molti elementi utili alla discussione e con una proposta di serrata, come per i benzinai.
Le pagine dei quotidiani nazionali hanno per tutta l'estate riportato notizie di chiusura di librerie storiche. In tanti sono intervenuti, esprimendo pareri, fornendo cifre. A noi pare che la sintesi di Rocco sia la più lucida e la più giusta. Diffondetela!

mercoledì 16 settembre 2009

A scuola di volo

Pagine volanti, un vento complice, gazze ladre, il mito di Icaro, mongolfiere… questi gli ingredienti del nuovo albo, Il libro che vola (Kite edizioni), di Rébecca Dautremer, una delle illustratrici francesi più amate degli ultimi anni.
Dopo l’enorme successo di Principesse della Fabbri, dopo Cyrano, Babayaga e Nasredin di Donzelli, dopo Sentimento, sempre della casa editrice padovana la stessa che ha pubblicato il libro che oggi presentiamo, tutti riconosciamo i suoi colori caldi, le sue linee morbide, i suoi dolcissimi personaggi, i suoi punti di vista e le sue inquadrature ardite e inusuali. E anche ne Il libro che vola, scritto da Pierre Laury, possiamo riapprezzarne le caratteristiche.
Piove. Marion sotto il suo enorme ombrello rosso si reca a scuola. Un libro cade dalla sua cartella. Una gazza se ne impossessa e lo porta ai suoi piccoli che capiscono subito che non bisogna mangiarlo ma che si gusta meglio leggendolo. La storia raccontata, di un giovanotto che sfida il cielo con ali di cera, dà già i suoi frutti. Icaro è già d’esempio per i piccoli uccellini che prendono il volo seguendo il libro. L’incontro con una mongolfiera e il suo vecchio proprietario porrà fine alla storia, facendo ritornare il libricino rosso nelle mani della sua piccola proprietaria, intenta a giocare con i compagni durante la ricreazione.
Non sono solo il libro e le gazze a volare in questo bel albo, prodotto solamente l’anno scorso dalle edizioni Bilboquet. Fin dall’inizio, incise nella copertina, e per tutto il racconto, anche mille lettere, mille parole volano, scivolano dalle pagine del L’histoire d’Icare, disperdendosi nell’acqua delle pozzanghere, volteggiando nel cielo tornato azzurro, adagiandosi sui tetti delle case, “diffondendo” così il loro racconto, i loro insegnamenti.
David Tolin

martedì 15 settembre 2009

Chi sono veramente

Randa Abdel-Fattah ha origini egiziano-palestinesi, è musulmana, ma è nata in Australia. Vive a Sidney, è avvocato, sostiene la causa di una Palestina libera, uno stato per un popolo al quale è stato negato il diritto di cittadinanza sulla propria terra. Il suo primo libro dedicato agli adolescenti, Does My
Head Look Big In This? , in Italia presente nel catalogo Mondadori con il titolo Sono musulmana, ha vinto il premio Australian Book Industry Awards 2006 e l’Australian Book of the Year for Older Children. Sempre per Mondadori è arrivato sugli scaffali, nella collana Gaia, 10 cose che odio di me. La storia racconta la vita di Jamilah, giovane australiana/libanese che nasconde le sue origini portando lenti a contatto azzurre e tingendosi i capelli di biondo. Non parla mai della sua vita privata, non porta a casa gli amici. Le sue conversazioni sono volutamente superficiali per evitare di cadere in errore. A scuola si fa chiamare Jamie. Non prende posizione quando i bulli della classe importunano e offendono ragazzi non australiani.
Non vuole essere confusa con gli afro-asiatici. Una doppia identità con la quale è difficile convivere: in famiglia è una libanese quasi perfetta, frequentatrice della Madrassa, a scuola ragazza carina disposta ad accettare la corte del ragazzo più popolare della scuola, uno skips presuntuoso, razzista e prepotente. L’autrice racconta una vita che conosce, esalta le contraddizioni, sottolinea le differenze, delinea personalità precise. E porta Jamilah/Jamie scegliere: “ A ogni percussione del mio darakuba è come se gridassi a gran voce, a tutta quella gente che mi sta davanti, chi sono veramente…”
Silvana Sola

lunedì 14 settembre 2009

Il sogno della farfalla
















Il filosofo Zhuangzi sognò di diventare una farfalla che volava tra i fiori, dimenticandosi chi era. Poi si svegliò, confuso, e si domandò: ho sognato di essere una farfalla o è la farfalla che ha sognato di essere me?

E’ con questo racconto cinese che Suzy Lee ha evocato l’idea che c’è alla base dei suoi picture books, all’ultima edizione del Festivaletteratura che si è conclusa ieri a Mantova. In piazza Sordello l’illustratrice coreana ha mostrato le immagini dei suoi libri usciti per i tipi Corraini, mostrando il percorso che l’ha portata a sviluppare un'idea di base, il rapporto fra realtà e illusione: quando proviamo qualcosa, dice Suzy Lee, è vero per noi, poco in porta se è successo nella realtà. E gli elementi del libro diventano parte della storia, come nell’Onda in cui la piega centrale è il confine psicologico fra il sogno e il reale. Il libro sta dentro il libro e il sogno nel sogno come nella sua straordinaria Alice in Wonderland, raccontata con collage e fotografia. Suzy Lee parla un inglese fluente, frutto dei suoi anni di studio a Londra, per il suo MA in Book Arts al Camberwell College of Arts, a cui è approdata dopo essersi laureata in pittura in Corea. Predilige il carboncino, che le permette di esprimere volume e linee precise allo stesso tempo. I suoi tratti sono semplici ed espressivi, l’uso del colore è limitato, ma è parte integrante del libro, anch’esso racconta una storia. Le parole sono poche o del tutto assenti, come dichiara Suzy Lee stessa, perché tende a pensare per immagini, le figure non devono
necessariamente illustrare delle cose, sono già significative.
Nel suo paese di origine pubblica per Chondung e Bir per il quale nel 2008 sono usciti The door, un divertente albo sulle porte e My bright Atelier, un racconto lungo in cui il blu, il giallo e le sfumature di arancio narrano l’incontro di una bambina con l’arte.
La straordinaria avventura di una bambina allo Zoo è nel catalogo dell'editore americano Kane/Miller e in quello Actes Sud Junior. Sempre in Francia Sarbacane ha acquistato i diritti di Les petits peintres nus, altro incontro di bambini con la pittura e il colore che permettono in questa storia, di partire per un mondo di sogno,
un’avventura che riporta alla mente il viaggio di Max nel Paese dei Mostri Selvaggi.
La revanche des lapins, che Suzy Lee ha realizzato per la Joie de Lire, è un albo in cui davvero le parole sono superflue, bastano le figure a mostrare la vendetta simbolica degli animali contro l’indifferenza dell’uomo. Questi sono solo alcuni esempi del lavoro di Suzy Lee. Per concludere segnaliamo l’illustrazione della parola goyo ovvero tranquillità, realizzata per il libro Media Vaca Mis primeras 80.000 palabras. L’ispirazione è nata pensando alla sensazione che si prova quando, sdraiati sul dorso in acqua, i suoni sono filtrati, ci si sente isolati dal mondo. Un’immagine evocativa che ricorda il silenzio ovattato dell’Ofelia di John Everett Millais.
Elena Rambaldi
illustrazione: Mis primeras 80.000 palabras, Media Vaca 2005

venerdì 11 settembre 2009

Storie della memoria

Dal catalogo Giunti Progetti educativi escono spesso pubblicazioni di grande interesse, graficamente impeccabili, ben illustrate. Anche Anni spezzati, una delle ulime fatiche della redazione è un incontro importante. Per me lo è particolarmente perchè mi riporta ad un mio vissuto romano e all’incontro con le insegnanti più brave e motivate con le quail mi sono confrontata a Roma, in quel periodo. Era il 2000, ero stata invitata a tenere un corso di formazione nel 166° Circolo Didattico, zona Laurentino 38. Non sapevo dove fosse ubicato il plesso scolastico. Il taxista mi disse che sarebbe stato un percorso lungo e nel tragitto iniziò a raccontare. L’urbanizzazione degli anni ’70, la banda della Magliana, la microcriminalità diffusa. Mi aspettavo di arrivare in un luogo di frontiera, abbandonato. Ed invece mi trovai di fronte un direttore didattico colto e motivato, insegnanti e bibliotecarie attente, profonde, attive. Una biblioteca di Circolo curata, ricca e frequentata da bambini desiderosi di incontrare il libro e la lettura. Le scuole interessate portavano il nome di Antonio Gramsci e di Ada Tagliacozzo.
Non conoscevo la storia di Ada Tagliacozzo: loro me la raccontarono e ora la rileggo nelle pagine toccanti del libro, assieme ad altre storie di vite interrotte, spezzate dalla crudeltà e dalla barbarie che hanno attraversato l’Italia nella prima metà degli anni ’40. C’è la voce colta e appassionata nel racconto “La vita oltre il numero” di Piero Terracina che aveva quindici anni quando fu deportato ad Auschwitz, assieme alla famiglia. Sarà l’unico superstite. Ci sono le testimonianze di Enrico Modigliani, nipote di Franco Modigliani, premio Nobel per l’Economia, quelle di Liliana e Susanna Colombo e dei campi di internamento nella Svizzera tedesca. E poi c’è il ricordo doloroso della famiglia Tagliacozzo, della morte di una bambina che rispondeva al nome di Ada. Aveva otto anni il 16 ottobre del ’43. Era andata a dormire dalla nonna quando i tedeschi bloccarono il ghetto e fecero salire gli ebrei romani sui camion del non ritorno. Sono storie della memoria, voci contro l’oblio accompagnate da un corredo iconografico che fa incontrare la documentazione storica, le foto d’epoca con l’illustrazione.
Silvana Sola

giovedì 10 settembre 2009

Giochi, giocattoli.. e burattini

... Allora uscì fuori il burattinaio, un omone così brutto, che metteva paura soltanto a guardarlo. Aveva una barbaccia nera come uno scarabocchio d’inchiostro, e tanto lunga che gli scendeva dal mento fino a terra: basta dire che, quando camminava, se la pestava coi piedi. La sua bocca era larga come un forno, i suoi occhi parevano due lanterne di vetro rosso, col lume acceso di dietro, e con le mani faceva schioccare una grossa frusta, fatta di serpenti e di code di volpe attorcigliate insieme.

E’ con queste parole che Carlo Collodi ci presenta Mangiafoco, il terribile burattinaio che somiglia ad un orco, che non si farebbe scrupolo di fare brace dei suoi burattini per portare a giusta cottura un montone allo spiedo ma che poi finirà col mangiare la sua cena mezza cruda e regalare a Pinocchio cinque monete d'oro da portare al suo povero babbo. Indossa invece una misteriosa bautta veneziana bianca don Fernando Malvasia, il capocomico ubriacone di Marionette in libertà da cui fuggono Colombina, Arlecchino e Pulcinella per scoprire come vivono gli uomini, per trovare – appunto - la libertà. E in quel loro peregrinare avventuroso,
raccontato al ritmo di marcette, canzoni, rime e filastrocche Gianni Rodari
esalta la musicalità della parola, la cadenza del verso, l'invenzione di quello stupefacente gioco teatrale che fa dei suoi burattini – e di tutti i burattini in tutte le culture – attori unici e straordinari, capaci di muovere l'anima al riso e alla paura, di regalare gioie ed emozioni a cui tutto concorre, a cui tutto si fa necessario: la parola e il movimento, la musica, l'arte di saper raccontare e improvvisare con meravigliosa vivacità. Per questo di fronte a una baracca di burattini si rinnova sempre l'incanto di una magia unica, lo stupore quasi miracoloso di chi sa di essere testimone di uno spettacolo che non si lascia vivere mai allo stesso modo, che non sarà mai lo stesso.
E dunque non perdetevi la magia unica del Tesoro di Roccabruna, messo in scena da Il Teatrino di Mangiafoco di Bologna, domenica 27 settembre alle ore 17,30 in via Altabella, 23 davanti alle magiche vetrine di Hoffmann, il negozio di giochi e giocattoli.
Alessandra Valtieri

mercoledì 9 settembre 2009

Vignola: ai piedi del Castello di Carta

Due giorni intensi aspettano i bambini e i ragazzi questo fine settimana a Vignola (Modena). In occasione dell’annuale manifestazione Bambinopoli (12-13 settembre), giunta alla nona edizione, la città si fa in quattro per i suoi piccoli cittadini.
Le attente libraie del Castello di Carta presentano anche quest’anno una serie di proposte che accontenteranno grandi e piccoli: letture animate, laboratori, spettacoli, incontri con autori e illustratori…
Per le appassionate di fantasy sara presente l’autrice delle Fairy Oak, Elisabetta Gnone. Per coloro che volessero apprendere i primi rudimenti dell’arte dei comics, ci si potrà iscrivere ad un atelier del fumettista della Disney, Donald Soffritti.
Per i piccolissimi la Nuvola Olga sarà protagonista di letture e laboratori, mentre Stefano Bordiglioni e i suoi dinosauri ci sveleranno i segreti del Giurassico.
Ci si chiede se, per poter seguire il fitto programma di appuntamenti dell’attivissima libreria specializzata per ragazzi, non ci sia bisogno, per questo week-end, di una tenda da piantare nella vicina piazza dei Contrari, all’ombra della cinquecentesca dimora del Barozzi!
Per maggiori informazioni su orari e luoghi, anche per le attività di settembre e ottobre, il numero telefonico della libreria è lo 059 769731.
David Tolin

Art en bazar


Aspettando ArteLibro 2009, il festival del libro d’arte ormai alla sesta edizione, che aprirà i battenti a Bologna il 23 settembre prossimo, mettiamo in rete la recensione di un albo uscito in Italia l’anno scorso per i tipi del Castoro: L’arte a soqquadro (peccato non poter rendere anche in word le Q sghembe!) di Ursus Wehrli.

Il testo ha fatto il giro del mondo. D’origine germanofona, Kunst aufräumen, uscito per la svizzera Kein & Aber, nel 2002; la rinomata Prestel si è accaparrata la versione inglese, Tidyng Up Art; in Francia è uscito per la Milan jeunesse, con il titolo L’art en bazar
Il geniale autore del libro è un artista, che gira il mondo come attore di teatro e di cabaret. Noi lo consideriamo un ottimo divulgatore d’arte. Un demistificatore capace di affrontare mostri sacri del ‘900, Klee, Matisse e Picasso, e ridurli all’essenziale… linee, segni, forme colorate, classificate con ordine quasi certosino.
Punta massima del suo lavoro, a mio avviso, il confronto con il puntinista francese Georges Seurat. 

Speriamo solo di poter vedere pubblicati anche in Italia, il suo secondo volume (nel quale affronta nuovi pittori contemporanei ma anche alcuni rinascimentali, Leonardo piuttosto che Botticelli) o l’altrettanto interessante testo di Bob Raczka, logica declinazione dei principi di Wehrli.
Sempre in Francia, infatti, sempre per le éditions Milan jeunesse, si è scovato, nell’americano Raczka, un seguace altrettanto ludico e controcorrente dell’artista svizzero.
In L’art en regard, l’artista crea nuove relazioni, inventa binomi impossibili, fa colloquiare Bazile con Warhol, Gericault con Fontana, Rodin con Klee.
David Tolin

martedì 8 settembre 2009

La storia non è un gioco

Il libro scorre veloce. Con un ritmo incalzante si viene coinvolti a poco a poco nell’Onda. Si subisce il fascino dell’Onda, nasce un pensiero critico sull’Onda, si ha paura dell’Onda, ma alla fine si riesce a sconfiggerla, l’Onda.
Il romanzo di cui parlo, il piccolo libro L’Onda. La storia non è un gioco di Todd Strasser edito nella collana Oltre per i tipi Rizzoli, racconta una storia vera, l’esperimento di un professore di storia in un liceo americano condotto a dimostrazione pratica di quello che successe nell’opinione pubblica della Germania nazista e creato per rispondere alle domande dei suoi studenti “com’è potuto accadere in Germania?”.
Grazie ad una scrittura semplice e molto americana si viene sommersi dall’Onda; facilmente ci si ritrova, assieme agli studenti, protagonisti di un movimento di stampo nazista, l’Onda appunto, che manipolerà le nostre menti.
Immersi in una comunità dove disciplina e azione saranno le parole chiave e la forza del gruppo, gli studenti capiranno quanto può essere pericoloso riporre tutta la fiducia in un leader; l’individualità si perderà e l’uguaglianza diverrà superiorità e pretesto di violenza sul resto della scuola e su chi deciderà di non aderire all’Onda.
Questo romanzo è anche diventato un film di Dennis Gansel, presentato al Torino Film Festival del 2008 e uscito nelle sale l’inverno scorso.
A giorni riapriranno le scuole, un pensiero va agli insegnanti che riusciranno a dare, ai loro studenti, appassionanti e importanti lezioni di Storia, magari non attraverso giochi pericolosi come questo!
Mariaserena Melillo

lunedì 7 settembre 2009

Un giro del mondo in 80 scarpe

“(…) in tutta quella fretta una delle scarpette di vetro le scivolò dal piede senza che lei nemmeno si fosse accorta di averla persa…” La campana è già al sesto rintocco e Cenerentola non ha ancora raggiunto la sua carrozza: il seguito è noto. Il testo citato è tratto da una scrittura della famosa fiaba di Perrault che porta il nome di Charles Evans. Una bellisima edizione, uscita per i tipi di Donzelli, con le illustrazioni di Arthur Rackam, artista illustratore inglese che associò il suo segno unico a molti classici della letteratura per ragazzi. Meno note sono invece le versioni di altre Cenerentole, raccolte e raccontate da Vinicio Ongini in Le altre Cenerentole il giro del mondo in 80 scarpe, pubblicato da Sinnos editrice.C’è sempre una bellissima giovinetta vessata, c’è una matrigna arcigna, dispotica, sorellastre prepotenti, perfide, c’è sempre una scarpetta, che cambia aspetto a seconda del luogo in cui la fiaba è ambientata. Si parla di sandali nella versione cinese e vietnamita, sarà una preziosa babbuccia quella dimenticata da Mara/Cenerentola e raccontata nelle fiabe dei Balcani, sono zoccoletti d’oro quelli che ci arrivano dal mondo arabo. Dall’isola dei nuraghi una Cenerentola diversa dalle altre, si chiama Ottighitta, diverse le prove da superare per giungere all’happy end finale, diversa la scarpa, tutta fatta di sughero.
A Chiara Carrer è stato affidato il compito di illustrare il libro, di rendere visibili tutte le scarpette dichiarate nelle fiabe e molte altre viste e immaginate. Un bellissimo percorso tra calzari, una storia delle calzatura che viaggia tra Oriente e Occidente, un ricco catalogo di scarpe possibili indossate da Cenerentole dai capelli neri, lunghi e lisci, da altre con il turbante, da altre ancora bionde, castane, riccie, ondulate, con i capelli al vento o celati dentro a copricapi di foggie strane.
Un percorso interculturale, un modo, non forzoso, di raccontare geografie, contenuti, differenze e analogie, di fare, come ci suggerisce Vinicio, un giro del mondo in 80 scarpe.
“La più antica versione di Cenerentola, fra quelle conosciute, venne redatta da un dotto funzionario cinese che si chiamava Tuang Ch’eng-Shih (…) quasi 900 anni prima che facesse i primi passi la Cenerentola francese dalle scarpette di vetro…”
Silvana Sola

venerdì 4 settembre 2009

Viaggio in Nuova Scozia

Ho aspettato un anno prima di dedicarmi alla lettura di Before Green Gables, il prequel pubblicato nel 2008 da Puffin, in occasione del centenario della pubblicazione di Anne of Green Gables. Temevo di rimanere delusa, di non riconoscere la piccola orfana dai capelli rossi nata dalla penna di Lucy Maud Montgomery. La scrittrice canadese Budge Wilson invece, ha fatto un lavoro eccellente e curato, di ricerca e di riflessione, che le ha permesso di raccontare le avventure di Anne prima di approdare a Prince Edward Island. Anni di privazione, certo, ma illuminati da incontri indimenticabili che hanno contribuito a formare il carattere, a nutrire la sensibilità di questa piccola sognatrice fino al suo arrivo al tetto verde. Scopriamo ad esempio che, l’ampio vocabolario di Anne è stato nutrito dall’uomo delle uova, solitario ex-insegnante che “regala” ogni settimana 5 parole nuove alla bambina.
Budge Wilson ha iniziato la carriera di scrittrice molto tardi, dopo aver fatto l’insegnante, la fotografa e persino l’istruttrice di fitness. All’attivo ha 33 romanzi per ragazzi, è tradotta in dieci lingue e ha vinto numerosi premi. Una piccola ricerca mi ha permesso di scovare alcuni suoi romanzi editi in Italia per i tipi Mondadori e ormai fuori catalogo: Lo strappo nella collana Junior Super, che affronta il delicato tema della depressione, e due volumi di racconti, Cordelia Clark e Il viaggio, pubblicati nella Gaia Junior. La Gaia è una collana nata nel 1989 e piena di perle tutte da riscoprire: da Penelope Lively a Maria Gripe, da Margaret Mahy a Robert Westall. Leggendo Il viaggio incontriamo una scrittura ricca e fluida, parole preziose che raccontato storie di donne, racconti che appassionano fin dalle prime righe, che rimangono nella mente del lettore per essere
riassaporati piano piano, quando le pagine sono chiuse. Protagoniste sono donne adulte che narrano la loro adolescenza con sincerità, con lucidità. Sono ragazze che raccontano delle loro esperienze attraverso un diario, oppure una lettera. Emergono i lati oscuri, l’invidia, l’egoismo, l’insicurezza. Storie vissute intorno agli anni '40 e '50 in una Nuova Scozia i cui ritmi sono scanditi dalle stagioni, tra inverni interminabili ed estati troppo brevi. Storie di famiglia che fanno emergere problemi relazionali, incomprensioni e tutta la gamma di emozioni che lega genitori e figli, fratelli e sorelle. Attorno, una serie di personaggi indimenticabili: come Miss Hancock, la bizzarra insegnante con le sue camicette in stile folk piene di ricami, capace di lasciare il segno nei suoi studenti trasmettendo l’ amore per le parole e per la letteratura; e il signor Jenkins, un operaio stagionale che chiede ospitalità a casa Nickerson per pochi mesi, riuscendo a portare, pur con modi rozzi e un linguaggio sgrammaticato, l’armonia e il buonsenso che manca per gestire le dinamiche familiari. E ancora madri iperattive e maniache del pulito, che professano la filosofia del “fare” e non dell’”essere”, e madri forti che sanno rimanere in silenzio per il bene dei figli.
Padri autoritari e maschilisti si contrappongono a figure paterne silenziose, pacate, capaci di fermarsi e apprezzare lo spettacolo della natura quando il cielo aveva il colore del fiordaliso e il vento lo stava pennellando di nuvole bianche.
Un piccolo gioiello tutto da riscoprire.
Elena Rambaldi

giovedì 3 settembre 2009

Aspettando Mourlevat!

Jean-Claude Mourlevat è stato insegnate di tedesco, attore-clown, ha poi continuato a lavorare nel teatro, nella creazione e nella messa in scena di spettacoli, fino ad approdare alla scrittura. È del 1997 il suo primo testo pubblicato. In Francia è uno degli autori più letti ed apprezzati tra i giovani. Ha scritto numerosi albi illustrati, prime letture e romanzi per adolescenti. Pubblica per case editrici del calibro di Gallimard, Rue du monde, Pocket Jeunesse, Thierry Magnier e Flammarion.
In Italia è stato tradotto per la prima volta nella piccolissima e brevissima (non le si diede nessuna chance! furono presentati solo tre titoli) collana del Castoro, I tascabilini. L’uomo senza un orecchio è un racconto nel quale un vecchio marinaio, spiega in mille maniere, ogni volta diverse, come si ritrovò monco di un orecchio. Un bel testo sulla narrazione, sull’arte dell'invenzione e della finzione, che sarebbe certamente piaciuto al nostro Gianni Rodari.
Secondo approdo in terra italiana avviene con lo strano fantasy, La battaglia d’inverno (Fabbri, 2007), che vede i quattro adolescenti protagonisti fuggire dal collegio-prigione e intraprendere, seguendo le orme dei genitori, una dura lotta per la libertà.
Ora, a settembre, stiamo aspettando la sua nuova traduzione: Il bambino oceano. Anche quest’ultimo pubblicata per l’RCS. Un altro romanzo breve, quasi una fiaba. Un’altra fuga, questa volta dalla probabile morte, di sette fratelli, guidati dal piccolo Yann. Un altro viaggio verso l’ignoto, verso l’oceano.
Siamo sicuri che dopo questo romanzo, i lettori desidereranno scoprirne altri di Mourlevat. E ce ne sono! Ricordiamo solo Tomek, Hannah (i due appassionanti tomi de La rivière à l’envers), La balafre, A comme Voleur, fino all’ultimissimo romanzo Le chagrin du roi mort.
Basta solo farli tradurre! Basta solo che qualcuno li pubblichi!
Noi certamente li leggeremo!
David Tolin

mercoledì 2 settembre 2009

Nella valigia parole e sogni

“… un’artista di strada munita di una grande valigia, una valigia da aprire e che, fra la sorpresa di tutti, contiene solo parole. Parole leggere. Parole che si ribaltano, saltano, ballano, fanno piroette, acrobazie, equilibri… e avvicinano bambini e ragazzini all’arte più fantasiosa, fisica, selvaggia, vitale, spericolata, rigorosa, semplice e grande che ci sia: la poesia”. Recita così la quarta di copertina firmata da Manuela Trinci per il libro appena arrivato sullo scaffale, I sentimenti dei bambini spremuta di poesia in agrodolce, di Janna Carioli, uscito per i tipi di Mondadori. Da quella valigia che racchiude parole, escono anche i sentimenti, escono le emozioni, esce una visione della vita positiva, la leggerezza di chi, attraverso la scrittura, ha sempre dato voce ai pensieri.
Prima pensieri politici, di una politica militante, in canzoni che scandivano i cambiamenti dell’Italia degli anni ’70, poi pensieri profondi che raccontavano la vecchiaia, la morte in
un libro meravigliosamente lieve, L’anima nuvola, in catalogo dall’editore Fatatrac, poi il disambientamento, l’integrazione, e poi ancora pensieri colorati di giallo per avventure scritte a quattro mani che mettono sulla scena una giovanissima investigatrice, pensieri frutto di accurate ricerche per un Leonardo adolescente. E poi molto altro ancora. Nel suo ultimo libro Janna calibra ritmo, musicalità, peso. Gioca sul quotidiano, sull’oggi e sulle aspettative del domani. Dedica, da sempre, il suo lavoro ai bambini, interlocutori primi, reali. Li mette sulla pagina, dà corpo alle loro paure e ai momenti di felicità, è attenta alle loro domande, è generosa nell’offrire risposte.
E poi usa le parole giuste:
(…) Il coraggio è stare soli
dalla parte di chi perde
il coraggio è dire rosso
quando tutti dicono verde.
La paura e il coraggio son parole confinanti.
Ma con una torni indietro.
E con l’altra … vai avanti.
Il grande Gianni Rodari avrebbe applaudito, lui che, nell’elogio alla passione, ricordava il coraggio di dire no, anche se dire sì è più comodo.
Silvana Sola

martedì 1 settembre 2009

F.C. Libri da rileggere! Da ripubblicare!

È con piacere che inauguriamo una nuova sezione nel nostro Zazie News. FC! Una sezione per i libri fuori catalogo, da rileggere, riscoprire, e magari ripubblicare.
E iniziamo quest’avventura, che allarghiamo a tutti coloro volessero partecipare con un articolo, con la recensione di un’intera collana che manca dagli scaffali da qualche anno.
Era il 1997 e nasceva per la Mondadori, voluta da Margherita Forestan, una piccola collana (una media di 8 uscite annuali che si è ridotta, già dal 2000, a 5) di testi brevi, gli Shorts. Nello stesso anno, quasi a confermare quest’esigenza di romanzi più agili per lettori meno “performanti”, venivano creati in casa EL, I corti.
In quarta di copertina dopo il coinvolgente slogan: Brevi come videoclip, appassionanti come un film, i romanzi che si leggono in un’ora e non si scordano più… si leggeva, oltre ad una breve trama, anche qualche motivazione per l’acquisto… per chi ha sempre in tasca la tessera del cineclub (Cinema Lux)… per chi, maschio o femmina che sia, adora danzare a piedi scalzi (Danzando nell’ombra)…
A differenza de I corti, gli Shorts accoglievano fra gli italiani anche molti autori stranieri. Dopo l’intrigante storia di Matilde Lucchini, C’è una lettera per te, che inaugurò la collana, gli altri italiani furono: Francesco Costa, Andrea Molesini, Geraldina Colotti, Margherita d’Amico e Paola Zannoner.
Gli autori anglofoni erano in prima fila (la Mondadori ha sempre considerato in maniera secondaria la letteratura francese, tedesca o di altre culture europee e extraeuropee): dalle appassionanti storie di Gary Paulsen (divertentissimo Il padrone della scuola, più avventuroso Io e Cookie, magnifica è poi la figura materna della ballerina di Glass Café) alle pagine più intimiste di Theresa Tomlison (splendido è il ritratto femminile in un villaggio di pescatori di fine ‘800, in Onda di marea), senza contare poi le storie di Cynthia Rylant, Paula Fox, Philip Pullman fino alla contrastata storia d’amore scritta da Robert Westall, in Bufera.
Tra i francesi, oltre al già citato Cinema Lux (di cui consigliamo anche la filmografia finale) di Janine Teisson, si potevano leggere le storie di Thierry Lenain, la splendida amicizia tra una adolescente fuggita di casa e un giovane tossicodipendente (Patto col diavolo) o la tenera avventura di una “donna cannone” i cui unici sogni erano vedere il mare e danzare (Miranda ha preso il volo, di Valerie Dayre).
La maggior parte dei titoli racchiudevano storie di formazione, non c’erano romanzi di genere, ma molte erano anche le trame d’ambientazione storica (la Francia dell’olocausto o gli indiani nel Michigan di metà ‘800) o dalla tematica più sociale (la situazione femminile nella cultura islamica, l’handicap o l’identità sessuale). Insomma brevi romanzi, storie e personaggi indimenticabili, oggi da scovare solo tra gli scaffali delle biblioteche.
David Tolin