venerdì 30 luglio 2010

Un altro fantasy dalla Spagna

Una mattina d'inverno dell'anno 1313, il giovane Grimpow esce a caccia di conigli nella valle di Ullpens, ma trova nella neve il cadavere di un nobile cavaliere. Probabilmente è morto di freddo dopo essersi perso tra le montagne per via della fitta nebbia. Addosso ha un sigillo e un messaggio incomprensibile e nella mano, chiusa con forza come se stringesse un oggetto di grande valore dal quale non aveva voluto separarsi, una pietra levigata e rotonda grande come una mandorla.
Grimpow la prende e decide di conservarla come un amuleto. Ma a che cosa serve? E il messaggio in codice del cavaliere, a chi è indirizzato? Deciso a svelare tutti questi misteri, Grimpow chiede asilo all'abbazia di Brinkdum dove, grazie ai monaci, scopre che quella pietra è desiderata dal papa e dal re di Francia ed è capace di conferire straordinari poteri. Così ha inizio l'avventura raccontata in Grimpow Il sentiero Invisibile, uscito per Mondadori dall'immaginazione dell'autore andaluso Rafael Ábalos, che di professione è avvocato, ma scrivere è la sua passione.
Il romanzo si è rivelato un grande successo editoriale (best-seller in Spagna e tradotto in 25 lingue), tanto che è stato definito dalla critica Il nome della rosa della letteratura per ragazzi.
La ricostruzione dell'epoca del Medioevo è infatti stupefacente e suggestiva; mentre si legge si sente il fruscio delle pagine dei manoscritti custoditi in silenziose biblioteche sotterranee, ma anche il rumore delle spade sguainate da templari e banditi, così come il profumo delle erbe aromatiche e degli infusi preparati nei laboratori degli alchimisti. Ma il punto forte della narrazione è che il lettore stesso scopre, poco a poco e insieme a Grimpow, i segreti legati alla morte del cavaliere, senza alcuna anticipazione. È imperdibile anche il seguito, intitolato Grimpow L'ultima strega, in cui l'azione si snoda su due binari, ma procede con un'uguale porzione di suspense e si fa molto più interessante del primo volume. Da una parte si seguono i passi del re di Francia che vuole impossessarsi della pietra posseduta da Grimpow, dall'altra quelli di una giovane strega scampata al rogo per motivi ancora sconosciuti, ma alla fine tutti i tasselli della vicenda si ricomporranno come la posizione delle stelle nelle costellazioni.
Valentina Allodi

giovedì 29 luglio 2010

Serena Melillo, libraia per ragazzi

Serena è pugliese, di Rutigliano. Dopo il liceo scientifico si iscrive all’Università di Bologna e si laurea in Scienze Politiche, triennale di Culture e diritti umani. Frequenta poi la Scuola Librai di Orvieto e ha l’opportunità di seguire le lezioni di Silvana Sola che annualmente incontra il gruppo di Orvieto e lo segue nei giorni della Bologna Children’s Book Fair di Bologna. Dopo lo stage alla libreria Laterza di Bari, si sposta in Lombardia e per 40 giorni alla Giunti al Punto di Pignate.
Dal 23 luglio 2008 è libraia alla Giannino Stoppani.

Hai già un “tuo” pubblico?
Ho molti affezionati, non tantissimi come Paolo. Persone anziane, nonni e anche bisnonni, lettori forti che vogliono trasmettere la loro passione. Comincio ad avere anche delle affezionate ragazzine.

Qual è il tuo best seller?
Le avventure di Cipollino, il mio primo libro. Mia sorella mi ha insegnato a leggere a quattro anni.
Vendo molto anche Skellig di Almond. Un altro mio best seller è La contessa segreta della Ibbotson, un omaggio alla grande letteratura russa.

E per i piccoli?
Patatrac di Correntin.

Sei una Babalibri dipendente?
Non così tanto come alcuni miei colleghi. Apprezzo il lavoro di editori come Lapis, Il castoro, Il gioco di leggere.

E Giannino Stoppani? E’ un editore a cui presti una particolare attenzione?
Non è difficile con libri come Olivia, Piccola Macchia e Linnea.

E il genere fantasy?
Non mi piace e non sono obbligata a leggerlo. Mi sto “fannuccizzando”, mi interessa capire che tipo di letteratura si propone ai giovani, così mi sento più pronta e preparata.

Cosa ti piace?
A partire da John Green, credo di amare gli scrittori americani.

Proponi anche i classici?
Tutti quelli che ho letto io da bambina. Il mio preferito rimane Il giardino segreto.

Dopo due anni di lavoro, quali sono i tuoi progetti?
Mi piacerebbe tornare in Puglia, aprire una libreria.

Se Vendola ci legge potrebbe aggiungere un articolo alla legge regionale sul libro e stabilire che a persone come Serena si potrebbe affidare un progetto di sviluppo per una rete di librerie per ragazzi in Puglia. Si creerebbero posti di lavoro, aumenterebbe il Bil il benessere interno lordo.
Grazia Gotti

mercoledì 28 luglio 2010

… Io sono uno di loro. Qualche volta immagino d’essere un altro

Estate, tempo di mare!
Estate, tempo di spiaggia!
Ma, ammettiamolo, sono poche le persone che se la spassano rimanendo a crogiolare sotto il sole per ore ed ore e senza far niente.
Allora, se a portata di mano non ci sono libri, giochi o passatempi, ci si guarda attorno, si comincia ad osservare le persone, a immaginarsi storie popolate dalla signora con il due pezzi azzurro, dal bimbo che non sa ancora nuotare, dall’anziano che si fa coprire di sabbia per i reumatismi…
Ce lo racconta Géraldine Alibeu, nell’albo uscito nel giugno scorso, L’un d’entre eux.

Tra loro c’è una persona a cui scappa la pipì…
Tra loro c’è una persona che fa l’agente segreto e che ha ricominciato la sua vita qui, en toute discretion, lontano dal suo paese….
Tra loro c’è una persona che non si sente a suo agio e sta pensando al modo di filarsela…

La comunità che l’artista ha ritratto in questa spiaggia, è quella che potremmo ritrovare in qualsiasi luogo di mare che visitassimo in questi giorni, da Rimini a Saint-Tropez, dalle Canarie a Copacabana… famiglie, coppie, bambini e anziani, persone che lavorano o al contrario in pieno relax, altre ancora solo immaginate…
Géraldine, che per questo albo de La joie de lire ha anche scritto i testi, si è divertita, seduta su di un telo dalla trama blu e azzurra, a mettere in campo una serie di personaggi, a studiarli, a creare le proprie storie ma soprattutto a sollecitarne mille altre.
Il libro è costruito su 14 grandi doppie pagine, all’interno delle quali il testo è indipendente (un taglio orizzontale a piè di pagina permette di sfogliare le illustrazioni in maniera a se stante dalla parte scritta) e soprattutto ognuno delle 14 brevi affermazioni si può sovrapporre indifferentemente ad una qualsiasi delle 14 tavole, costruendo nuove relazioni e interpretazioni.
Géraldine Alibeu, che in italia la si può vedere solo nel catalogo Logos nell’albo illustrato Un gatto sull’albero, è tra le più conosciute illustratrici d’oltralpe. Le sue inusuali illustrazioni, un misto di olio e collage, si ritrovano nei cataloghi dei più rinomati editori francesi: Seuil, Didier jeunesse, Rue du monde, Sarbacane, Autrement jeunesse. Ha realizzato due film d’animazione e lavora spesso anche con ago e filo.
David Tolin

martedì 27 luglio 2010

Compassi e alambicchi a Ca’ de’ Specchi

Chi era Giuseppe Balsamo?
La storia racconta di intrecci, intrighi, inganni che accompagnarono la vita breve, morì a cinquantadue anni, dell’orfano palermitano da tutti conosciuto come Alessandro Conte di Cagliostro.
Una vita in fuga attraverso le terre d’Oriente e d’Occidente ora ospite di corte, ora prigioniero delle galere di tante città.
La ladra di Cagliostro, il romanzo scritto da Giulio Leoni per i tipi di Mondadori, racconta una storia ambientata a Venezia, una storia che non attinge alla sua biografia, per altro complessa e difficilmente credibile, ma mette in pagina atmosfere e fatti che hanno caratterizzato l’esistenza di Giuseppe Balsamo.
Una dimora dismessa, si dice abitata dal demonio, alambicchi, pozioni e rimedi taumaturgici accompagnano l’ingresso di Cagliostro nella città dei dogi.
Guaritore, mago, massone, apostolo di una “religione” che riporta ai riti dell’antico Egitto, il conte costruisce con abilità una delle sue grandi truffe. Lo aiuta una giovane cresciuta tra i canali, orfana, ladra scaltra e silenziosa, che risponde al nome di Serafina. Una ragazzina che si presta, timorosa e al contempo divertita, al gioco di Cagliostro e lo segue nei suoi elaborati raggiri ai danni di potenti stolti e vanesi.
Un romanzo d’avventura per adolescenti che permette di riconoscere il Cagliostro riportato nei documenti storici, protagonista di una storia che miscela esatte ricostruzioni d’epoca a perfette invenzioni narrative.
Silvana Sola

lunedì 26 luglio 2010

Ninfee, robinie e ponti giapponesi

Il signor Bloom ha gli occhiali tondi, pochi capelli, un’aria simpatica, ama semi, piante, fiori e ne conosce tutti i nomi: era un giardiniere, ora in pensione.
E’ a lui che Linnea deve la scoperta del grande pittore Claude Monet. Anche Monet amava i fiori, ne ha dipinti tanti. Linnea li ha visti prima sul grande libro del signor Bloom, un libro in cui c’erano anche le foto di un bellissimo giardino, di un ponte e di una casa rosa, e poi dal vero, in un giorno d’agosto.
Il signor Bloom l’ha portata a Parigi, all’hotel Esmeralda (l’hotel Esmeralda esiste davvero: è vicino a Notre- Dame), un piccolo albergo ospitato in un edificio del 1640, che si affaccia sui giardini di Saint-Julien le Pauvre. Dalla sua finestra Linnea vede una robinia antichissima. Si dice sia stata portata dalle Americhe alla fine del ‘600.
Il signor Bloom e Linnea sono andati al museo a vedere Le ninfee di Monet e poi hanno preso un treno diretto a Vernon. Alla stazione hanno affittato delle biciclette per fare i quattro chilometri che li separavano da Giverny, dove si trova la casa del pittore Monet e il famoso ponte giapponese.
Linnea nel giardino di Monet, oggi ristampato per i tipi di Giannino Stoppani edizioni, racconta di una bambina svedese e del suo viaggio alla scoperta dell’opera e della vita del grande Claude Monet. Il libro è un incontro con l’arte, ma anche con la natura, con la geografia, con la storia: un libro prezioso che, nato in Svezia presso l’editore Raben & Sjogren nel 1985, ha fatto il giro del mondo.
Silvana Sola

venerdì 23 luglio 2010

Lule lule, Anninnora o Stornelli del maggio

Marcella Brancaforte è nata a Catania, ha studiato ad Urbino, si è divisa tra Milano e Roma, poi è approdata a Tuscania.
Conoscevo il lavoro di illustratrice di Marcella, mi è sempre piaciuto il suo segno forte e deciso, ma non pensavo di rincontrarla in una band tascabile, non pensavo, ascoltando il cd allegato al libro A pescar canzoni, viaggio per terra e per mare nella canzone popolare, edito da Sinnos, di scoprirla cantante.
La sua voce, assieme a quella di Caterina Gonfaloni e Fabio Porroni e al suono di chitarre e launeddas, di organetti e tamburi, di violini e bouzouki, ci invita ad un viaggio alla scoperta di canzoni che nuotano nelle acque del Mediterraneo, che entrano nel cuore della Sardegna, che attraversano la Sicilia e il Basso Lazio, che incontrano le melodie arabe e quelle dei balcani.
Camminano le parole, seguite da una musica che accompagna, esalta il testo o lo sottolinea timidamente, camminano le parole e incontrano le figure che raccontano un mondo che si muove al ritmo di canzoni che vogliono far ballare, che invitano alla danza.
Pescatori attenti hanno preso suoni e parole, le hanno fatte uscire dalle acque:
“A Colapesce bambino piace cantare
e andare per mare…
e si spinge lungo le coste del Mediterraneo
con la sua rete che lascia i pesci nel mare,
ma prende canzoni per farle volare!”
Silvana Sola

giovedì 22 luglio 2010

Parigi secondo Kolodny/Bazzurro! ma anche Hugo, Baudelaire…

Sono da poco tornato da un brevissimo fine settimana, a metà tra lavoro e piacere, nella capitale d’oltralpe. Una parte della “quota ore” di svago sono state utilizzate per visitare il maestoso Museo Quai Branly, che casualmente festeggiava in quei giorni i 4 anni d’apertura.
Si tratta di un’enorme struttura ai piedi della torre Eiffel che ospita maschere, tappeti, costumi, gioielli, utensili e altro ancora. Un’intera collezione che racconta le più diverse culture provenienti dall’Africa, dall’Oceania, dall’Asia e dalle Americhe.
Rientrato in Italia mi è ricapitato tra le mani l’albo illustrato Paris della collana “De ville en ville” de La joie de lire.
Benche il museo d’arte primitiva non sia sfortunatamente stato citato nella piccola guida, l’albo ginevrino rimane comunque un gioiello de vedere per preparare una visita alla ville lumière.
Primi tre titoli della collana furono quelli di Tel Aviv e Berlin, che nel 2007 ottennero subito la menzione per la categoria Non Fiction del Bologna Ragazzi Award, e quello dedicato alla città d’origine della stessa casa editrice.
"De ville en ville" è stata curata da Orith Kolodny, una strepitosa grafica israeliana istallatasi in Italia da più di vent’anni, che ha scritto anche i testi, e dall’illustratrice genovese Francesca Bazzurro.
Le due artiste collaborano in maniera determinata nella costruzione delle pagine, nell’accostamento di colori, nella transizione tra segno e inserti in digitale.
Il percorso parigino delle due artiste si intreccia a volte con le mete più battute dai turisti… Notre Dame e le sue spaventose chimere e gargouilles, le fontane del Luxembourg su cui fluttuano i battelli in miniatura dei bambini, la coloratissima e ingarbugliata struttura del Beaubourg…
a volte se ne allontana facendo scoprire angoli più inusuali… i misteriosi oblò-obiettivi dell’Institut du Monde Arabe o le diverse presenze vegetali nel parco delle Buttes Chaumont!
Nei primi tre titoli per conoscere e scoprire luoghi, architetture e atmosfere della città, vi è un bambino che fa da guida al lettore. In quest’ultimo titolo invece si è voluto cedere la parola a de Maupassant, Flaubert, Braque e altri grandi che hanno vissuto e amato Parigi.
Lascio quindi la parola a Proust e a chi volesse seguire sui tetti di Place des Vosges l’ombra del suo gatto:

Moi j’ai quatre pieds! Quell’ombre je peux faire?
Mais je préfère m’échapper sur le toit, où il y a plus de soleil.

David Tolin

mercoledì 21 luglio 2010

Le streghe son tornate!

Agli amanti del fantasy consiglio la lettura di un mondo tutto al femminile, depositario dei saperi della terra e della vita, dove le generazioni si confrontano tra ribellioni e giusto senso del dovere. La protagonista di questa storia è Anaïd: ha quattordici anni e vive tranquilla in un paesino dei Pirenei fino alla mattina in cui, dopo un brusco risveglio da un incubo, scopre che sua madre Selene è scomparsa senza lasciare alcuna traccia. La zia Criselda, insieme a tre amiche, si prende così cura di lei, ma le donne parlano di cose strane e misteriose che confondono la ragazzina. Una notte, tutte insieme, le rivelano però un segreto sconvolgente: lei ha poteri da strega e discende come loro dalla stirpe Omar in guerra contro il clan millenario delle streghe Odish.
Questo è l'inizio de Il clan della lupa, uscito per Salani nella traduzione di Anna Benvenuti, primo volume della trilogia che porta la firma di Maite Carranza, autrice catalana, bestseller spagnolo e di altrettanto successo internazionale. Il primo romanzo, con una buona dose di suspense che fa intuire che molte cose non sono come sembrano, è l'inizio del percorso iniziatico di Anaïd alla magia, ma non solo: è anche la storia del viaggio di un'adolescente, timida ma molto sveglia, alla scoperta di se stessa e del rapporto combattuto con la madre, in cui molte giovani lettrici potranno facilmente identificarsi.Riuscirà, alla fine, a far luce sulle vere cause della sparizione di Selene? Per saperlo si deve continuare con il secondo volume intitolato Il deserto di ghiaccio, un tuffo nel passato che sposta il racconto ai confini del mondo, nelle desolate distese polari del Nord; Anaïd scoprirà la verità sulla sua nascita e su come dovrà combattere contro il compimento di un'oscura profezia che riguarda il suo destino.
L'epilogo, chiamato La maledizione di Odi, è da leggere rigorosamente tutto d'un fiato per conoscere la fine della saga della guerra delle streghe: una terribile maledizione insegue Anaïd e per lei sono in serbo nuove prove in ogni angolo del mappamondo, dai territori vampireschi dei Carpazi fino ai crateri dei vulcani messicani. Anche se il racconto procede a suon di incantesimi, è ambientato ai giorni nostri e ha un piede ben ancorato nel mondo reale: l'altro, invece, affonda nelle tradizioni mitologiche e mediterranee, molto suggestive e recuperate apposta per sognare.
Valentina Allodi

martedì 20 luglio 2010

Un libro perfetto

Levate l’ancora, ciurma all’ascolto!
La prima pagina sventola e attende
Che anche l’ultimo nodo sia sciolto
Per risucchiarvi tra storie e leggende.

Prenderò il largo su righe leggere
Su carta ruvida e odore d’inchiostro.
Basterà un soffio a sfogliare le vele
E il mio orizzonte diventerà il vostro.

Lasciate il porto, il vento è già pronto
Vento di voce vivace e vicina
Che vi trascina dall’alba al tramonto...

Lasciate il porto, tagliate la cima
Girate pagina, salpa il racconto
E niente più sarà come prima.

Con questo Sonetto di un nuovo libro si apre la raccolta di Chiara Carminati Il mare in una rima, pubblicata dalle Nuove Edizioni Romane, la gloriosa sigla editoriale di Gabriella Armando presso cui avevano trovato dimora le rime di Roberto Piumini e di Pietro Formentini.
Il primo nucleo delle poesie di mare di Chiara erano uscite in Mondadori; la raccolta, ora arricchita di nuove poesie e delle bellissime illustrazioni di Pia Valentinis, è un libro perfetto, pagina dopo pagina, rima dopo rima, figura dopo figura. Un frutto raro, nato dal lavoro di una poetessa, un’ illustratrice, un’ editrice, come le tre grazie unite insieme in un abbraccio che è tributo alla bellezza.
Grazia Gotti

lunedì 19 luglio 2010

Il gran ritorno

Sabato 17 luglio si è aperta la nona edizione di Pralibro, straordinaria manifestazione sul libro, la lettura, il confronto, la discussione. Quest’anno la manifestazione è dedicata a Rodari, il Rodari fantastico, pedagogico, civile. Pralibro nasce dall’incontro tra Rocco Pinto, libraio colto, determinato, abituato al dialogo, anima importante della libreria Torre di Abele di Torino e la comunità Valdese di Prali. Prali è in Val Germanasca, nelle Alpi Occidentali, sede del Tempio Valdese e del Centro Internazionale Agape, luogo d’incontro tra teologia e bisogni sociali. Un piccolissimo paese immerso in una natura straordinaria, un piccolo paese lontano dalle importanti vie di comunicazione, fiero della propria storia, generoso verso i visitatori, accogliente e aperto. E io mi sono ritrovata, davvero felice per l’invito, a sedermi al tavolo, assieme a Carla Ida Salviati a raccontare Gianni Rodari attraverso una biografia sentimentale. Sedute nella sala di culto del Tempio Valdese, alle spalle l’indicazione dei salmi e le immagini degli illustratori italiani inseriti nella mostra Rodari FullColor.
Una biografia sentimentale che ci ha permesso salti, rimbalzi, ritorni, senza il rigore di una cronologia precisa. Carla Ida parla del Rodari conosciuto come formatore, del Rodari dimenticato perché “troppo classico”, quel Rodari che i libri di scuola non hanno mai contemplato. Cita le risposte che Rodari raccoglie ne Il libro dei perché, oggi in catalogo per Einaudi Ragazzi: "Il gioco dei perché è il più vecchio del mondo. Prima ancora di imparare a parlare, l'uomo doveva avere nella testa un gran punto interrogativo”. Un Rodari che non vuole la risata, ma il riso civile, che calibra parole, metrica, ritmo, un Rodari capace di parlare dei morti di Modena e dell’importanza del seme. Rodari che gioca con la morte con un Barone simile ai tanti di oggi, che incapaci di affrontare il decadimento fisico, sperano in magiche pratiche di immortalità. Il mio ricordare Rodari parte da un brano letto dalla mia maestra, nel 1968: un’anziana maestra conservatrice che ci offriva un Rodari rivoluzionario e leggeva pagine da Gip nel televisore, da rileggere oggi nell’edizione proposta dal gruppo El, Emme, Einaudi Ragazzi.
Silvana Sola

venerdì 16 luglio 2010

Viaggi finiti e infiniti

Vorrei potermi concedere un vero viaggio in Italia. Un viaggio dove il tempo non si misura in ore, giorni, settimane, un viaggio fuori dagli itinerari consueti.
Il mio esempio di viaggiatore ideale (un non viaggiatore) potrebbe essere Jean Giono che nel 1953, a bordo di una Renault 4C decapottabile, andò alla ricerca delle origini piemontesi, regalo di un nonno carbonaro, e di tutti quei luoghi che aveva visto sui libri, letto, immaginato.
Dalle pagine del libro si legge che Giono vide Bologna solo di notte, ma che ebbe il tempo di ammirare quello che definì «il più straordinario monumento ai morti che esista. Orribile, ma perfetto»: si riferiva al Sacrario dei Caduti in piazza Nettuno.
Ma è un altro, il libro che vi suggerisco, un libro pervaso dal desiderio di scoperta, Il bambino che sognava l’infinito, in catalogo per Salani.
Un testo breve che racconta le passeggiate domenicali di un padre e di un figlio, passeggiate sempre uguali tra pioppi, tremuli, biancospini e grandi spazi di fieno verde.
Uguali fino al giorno in cui il bambino sale su un albero per vedere più lontano, per andare con lo sguardo oltre il già visto.
Ma il ramo non è abbastanza alto e al ragazzo rimane il rammarico di non avere visto abbastanza.
E con il desiderio di poter guardare l’infinito si addormenta: il sogno sarà in grado di realizzare il suo desiderio e lo farà viaggiare, come un novello Nils Holgersson, alla scoperta di valli e di fiumi, di laghi e di città, di montagne e di mulini a vento.
Lieve e composto, garbato e profondo, il libro ci riporta la raffinata poetica bucolica del Jean Giono di L’uomo che piantava gli alberi.
Silvana Sola

giovedì 15 luglio 2010

It’s a Book


Scritto e illustrato da Lane Smith, pubblicato in America da Roaring Brook Press, è in uscita in autunno anche da noi, per Rizzoli. Un meravigliosa ode al libro, un manifesto a difesa del libro nell’era digitale. Da regalare a tutti, grandi e piccini, fatene incetta per i regali di Natale, a novembre sarà sicuramente esaurito!!! Lane Smith era di casa in Mondadori, quando Francesca Lazzarato aveva l’ardire di accogliere la serialità (Viaggiatori del tempo, serie frutto della coppia Lane- Scieszka) e la raffinata coppia Lane - George Saunders. In America Lane Smith è un autore notissimo, raffinato ma da grandi tirature; ha persino completato un lavoro del Dr. Seuss, facendone un libro bellissimo, in diretta discendenza con il predecessore. Ecco qui di seguito una carrellata di capolavori.
Grazia Gotti






mercoledì 14 luglio 2010

John Newbery Medal

I premi sono importanti. Abbiamo parlato di quello inglese intitolato a Andrew Carnagie, il magnate filantropo scozzese. Oggi un libro ci dà l'opportunità di ricordare quello americano che prende il suo nome dalla figura del libraio-editore londinese che iniziò a pubblicare libri per bambini. Gli americani istituirono la Newbery Medal nel 1922. Da allora, scelgono fra una rosa di finalisti, il miglior libro dell'anno. Ad esempio The Giver, pubblicato da Giunti e molto letto in questa calda estate, ha ricevuto questo riconoscimento, così come Buchi nel deserto di Louis Sachar, pubblicato da Piemme.
La storia del premio americano registra un fatto inconsueto: David Fleischman e Paul Fleischman, padre e figlio, se lo sono aggiudicati entrambi. Il padre, nato nel 1920 e morto nel 2000 ha una bibliografia di grande interesse, il figlio se la sta costruendo libro dopo libro, romanzo o picture book. The Dunderheads è un albo illustrato con pagine di fumetto, un piccolo gioiello illustrato dall'inglese David Roberts. Da tempo non mi capitava fra le mani un libro contro le maestre stupide e cattive. Miss Breakbone è solita insultare i suoi ragazzi, non ne riconosce i talenti, li odia. Ogni volta che ne fa piangere uno si attribuisce una stella dorata. La confisca è la sua specialità.
Un libro da tradurre!!!!!!!!!
Grazia Gotti

martedì 13 luglio 2010

Lucia Tumiati

La letteratura italiana per ragazzi è ricca di figure che meriterebbero una vasta diffusione.
Oggi suggeriamo di leggere Lucia Tumiati, nata a Venezia nel 1926.
Da un’intervista privata, messa in rete, riportiamo questa sua dichirazione:
“la libertà non è un dono eterno. E non esiste solo la libertà politica. La libertà dal dolore, dalla solitudine, dalla emarginazione, dalla incultura. Un autore non è un maestro, non è un genitore, non è un “confessore”. Rappresenta, o vorrebbe rappresentare, un amico, un amico particolare e un poco misterioso, che ti dice le cose che nessun altro ti racconta. Per crescere meglio, in un mondo solidale e più giusto. Nei molti libri che ho scritto ho cercato di privilegiare la dimensione privata rispetto a quella pubblica e politica, anche se la mia vuole essere prima di tutto una dimensione impegnata e democratica.”
Ieri ho letto La casa in fondo al mare, pubblicato nel 2001 e appena ristampato nella collana Gru per Giunti Junior, che ha per protagonista Stella, una bambina acquatica. Sono rimasta sospesa, fra le pagine di un racconto che intreccia realismo e fantastico con maestria. Ho letto poi Volare sulla neve, uscito nella Gru nel 2008. Qui c’è realismo, una domanda d’identità per Sergio-Serghej.
Mi restano da leggere Il mio amico invisibile, Saltafrontiera, Il mostro in scatola e Filippo e il fiume magico. Dopo di lei leggerò il suo babbo, Corrado Tumiati, premio Viareggio 1931.
Grazia Gotti

lunedì 12 luglio 2010

Il regno di Kush e il popolo dell’arco

Di nuovo la letteratura per ragazzi incontra il Sudafrica: lo fa con una storia d’amore ambientata nell’antico Egitto. La scrive Dianne Hofmeyr, sudafricana, viaggiatrice appassionata, scrittrice affermata, vincitrice di premi letterari, indicata nell’honour list dell’Ibby del suo paese.
Mi piace ricordare la geografia, forse per una passione bambina che mi portava a cercare su atlanti e mappamondi i nomi più strani, mi faceva notare tutti i segnali indicanti i paesi e le frazioni (mi stupisco ancora, tutte le volte che salgo a Urbino, di passare da Cappone e poi da Gallo).
La cittadina in cui è nata Dianne è Somerset West, dista cinquanta chilometri da Cape Town, è circondata da una riserva naturale che annovera rare specie di flora e di piccola fauna.
Il libro L’occhio della luna, pubblicato per i tipi di Mondadori, racconta della figlia dell’imbalsamatore reale, di una congiura, di un giovane re spodestato dal trono, di sommi sacerdoti, di scriba, di guardiani di coccodrilli sacri.
La storia, dalle parole dell’autrice, prende vita da un articolo di giornale in cui si parlava del ritrovamento di una tomba e si mostrava la foto di tre mummie mutilate. Il libro cerca di trovare una spiegazione al mistero e costruisce, senza il rigore degli egittologi, un plot narrativo incalzante, fatto di fughe, di incontri, di scontri, di corse dei carri, di archi tesi e di frecce mortali, di fiori di loto e di amore. Un viaggio che da Tebe, lungo il grande fiume, arriva alla terra di Kush.
Dov’è la terra di Kush potrete scoprirlo solo leggendo il libro.
Silvana Sola

venerdì 9 luglio 2010

Joachim Masannek

I ragazzi tedeschi lettori di Joachim Masannek avranno sofferto moltissimo per la sconfitta della Germania. Un milione è più di piccoli lettori, affezzionati alla serie dedicata al calcio che l’autore tedesco ha cominciato a scrivere agli inizi del nuovo millennnio, avranno però di certo accettato la sconfitta sportivamente, come ha fatto l’allenatore della nazionale. Negli innumerevoli racconti che compongono la serie (portata in Italia da De Agostini con il titolo “La tribù del pallone”) e nei tanti film da essa tratti, Joachim presenta ai suoi lettori una gran varietà di temi ed aggancia il suo lettore con straordinaria abilità. La serialità non dà segni di stanchezza, ogni volta il tema è interessante e i personaggi, cesellati con cura, crescono di libro in libro.
Anche le femmine possono far parte della tribù, memorabile il numero tre dal tiolo Vanessa senza paura. L’autore, nato nel 1960, ha studiato letteratura tedesca e filosofia ed ha poi frequentato la Scuola Superiore di Cinema e Televisione. Scrive sceneggiature e allena la vera squadra raccontata nella serie, squadra di cui fanno parte i suoi figli Toni e Leo.
La serie, popolare non solo in Germania, è letta in oltre dieci lingue. In Italia è arrivata dopo qualche anno, subito dopo i mondiali del 2006. I primi volumi riportano la presentazione dell’allora Ministro per le Politiche Giovanili e le Attività Sportive, Giovanna Melandri.
“Con questa iniziativa si offre ai giovanissimi appassionati l’immagine migliore del calcio, quella fondata su valori forti e imprescindibili come la lealtà, il rispetto degli avversari, la fiducia in se stessi, lo spirito di squadra. Raccontare sfide sportive e personali, belle amicizie, vittorie e sconfitte da vivere insieme diventa così un modo per descrivere quanto la cultura dello sport aiuta a diventare grandi. Non solo campioni nello sport, ma, soprattutto, campioni nella vita.”
Belle parole che sono poi scomparse perchè il governo cadde. La “squadra” non era compatta e la lealtà giocava in altri campi.
Grazia Gotti

giovedì 8 luglio 2010

Talismani e calci al pallone

Ci sono scuole in cui la memoria è un attributo indispensabile, scuole senza libri, quaderni o lavagne, scuole nelle quali maestre speciali affidano alla potenza della voce e alla passione della trasmissione, tutto il loro sapere.
E i ragazzi ascoltano, memorizzano, ricordano.
Ricordano che Nelson Mandela ha fatto ventisette anni di carcere e che, nel vuoto, una pietra e una piuma cadono alla stessa velocità.
Lontano dalle grandi città del Sud Africa, in un piccolo villaggio ai limiti della giungla, dove le maestre non possono permettersi di perdere la voce, vive Pelé. Il suo nome è un omaggio al grande calciatore brasiliano, ha undici anni, una grande passione per il calcio e un desiderio: assistere ad una partita dei Bafana Bafana.
E il libro, Bafana Bafana, uscito per i tipi di Donzelli, tra calci al pallone, incontri con sciamani, talismani, racconta la storia del giovane Pelè in viaggio per raggiungere Città del Capo.
Un viaggio nella giungla oscura, tra animali magici e agguati, un viaggio nella giungla metropolitana piena di insidie e incertezze.
Ma Pelè ha la certezza di poter realizzare il suo desiderio e di poter vedere, dal vivo, Sibusiso Zuma, il suo idolo.
“Infine Zuma calcia la palla e la telecamera ruota per seguirne il volo fin quando atterra ai piedi di Pelé e Toto…”
Il romanzo porta la firma di Troy Blacklaws, nato a Natal Province, nel 1965.
Nei suoi libri, tradotti in diverse lingue, racconta l’infanzia vissuta nel pieno dei conflitti razziali e il ruolo che, per la sua generazione, ha avuto Nelson Mandela.
Le illustrazioni sono affidate a Andrew Stooke, sudafricano, autore di figure in libri per ragazzi, ma anche pittore, giovane artista di fama internazionale.
Silvana Sola

Darwin Pastorin

Dello scrittore giornalista avevo letto il titolo einaudiano sui portieri, un libretto smilzo che si legge in mezz’ora, un libro che forse un giovane non lettore può prendere in mano e leggersi dalla prima all’ultima pagina, familiarizzando così con le pagine. Non conoscevo, invece, i tanti titoli usciti per l’editore Gallucci.
Mentre il volumetto einaudiano, nel suo rigore grafico, nella carta ancora di buona qualità, rimanda ai libri-libri, quelli di Gallucci, usando i colori e i disegni per rendere più attraente il racconto, di fatto, per il basso profilo grafico e tipografico, si situano in una zona grigia, a margine dell’editoria di qualità. In particolare, va sottolineato che i libri sul calcio per ragazzi, anche quando presentano buoni testi, sono rivestiti di abiti molto “bassi”, di dozzina per dirla con Manzoni.
E questa è la domanda:
perché il calcio, argomento di grande interesse per i ragazzi, è trattato così male?
Non potrebbe essere invece veicolo di buon gusto estetico? Perchè gli editori hanno così scarsa considerazione dei ragazzi?
Perché non si riconoscono anche un ruolo pedagogico?
Temono forse di vendere di meno?
Grazia Gotti

mercoledì 7 luglio 2010

C'è un arbitro a Kinshasa?

Black youth e aspirazioni: "Non tutti i vostri figli possono aspirare a diventare LeBron o Lil Wayne" disse Barack Obama dal podio della Naacp, la più grande associazione per i diritti civili, riferendosi ad una star del basket e a un rapper. "Voglio che aspirino a diventare scienziati, ingegneri, dottori, insegnanti, giudici della Corte Suprema e presidenti degli Stati Uniti. I genitori devono assumersi le loro responsabilità, mettendo da parte i videogiochi e mandando i figli a letto presto".
L'orizzonte di Bilia è differente. Senza madre, un padre corroso dall'alcool, una città, Kinshasa, che non offre niente se non una vita di strada pericolosa e tagliente, dove una banana sulla quale scivolare dopo un piccolo furto può voler dire carcere a tempo indeterminato. Bilia non ha la possibilità di studiare per uscire dalla melma polverosa della metropoli congolese fino a che la sua vita incrocia quella di Riccardo, talent scout italiano in giro per il continente africano in cerca di giovani che sappiano "dare del tu" alla palla.
Paul Bakolo Ngoi, nato 41 anni fa in Congo ma laureato in scienze politiche a Pavia, attraverso le pagine del suo Colpo di testa (Rizzoli, 2008) ci racconta l'avventura di questo giovane campione che partendo dal campetto del carcere di Kinshahsa approda dapprima in una piccola squadra giovanile del nord Italia e, dopo un piccolo periodo di rodaggio, si immerge nel mondo del calcio semiprofessionistico.
L'autore a mio avviso non conosce il calcio, la narrazione diventa infatti approssimativa quando si cala nelle parti più specificatamente tecnico-pallonare, ma il vero merito di queste pagine è il fatto di riuscire a descrivere in modo veramente vivido la solitudine e la difficoltà di ragazzi che strappati ai loro amici (pur se delinquenti) alle loro strade (pur se pericolose) e alle loro famiglie (pur se inesistenti per come noi concepiamo l'istituto-famiglia), provano nostalgia, e devono farsi forza imparando a ragionare da adulti. A quindici anni.
Colpo di testa ci ricorda anche la dimensione sportiva del gioco del calcio: una attività cioè in grado di avvicinare le persone, abbattere le barriere, dare speranza e far nascere amicizie.
Si possono definire eventi sportivi le partite che la RAI ci mostra in questi giorni? O assistiamo semplicemente a uno SHOW, con interminabili discussioni su moviole più o meno in campo e frotte di inviati che, sbagliando un congiuntivo dopo l'altro, disquisiscono di arbitri guardalinee e centimetri di fuorigioco?
E i ragazzi attaccati al televisore apprenderanno qualcosa sullo sport-calcio o impareranno semplicemente ad aspettare la moviola per insultare il direttore di gara? Chissà come sono gli arbitri a Kinshasa. Nella storia di Bilia non appaiono.
Un bel documentario ci insegna che gli arbitri sbagliano, proprio come gli attaccanti e i difensori, e che questo fa parte del gioco.
Antonio Gotti

martedì 6 luglio 2010

Milano! la Scala o il Parco Forlanini?

Avrei dovuto raccontarvi questa storia nei giorni in cui l'Italia giocava per il campionato mondiale di calcio. Poi non c'è stato il tempo perché in contemporanea si “giocavano” anche gli esami di terza media e ora, che per l'Italia è troppo tardi, mi pare si dia una condizione ancora più giusta per evocare il calcio sano ed entusiasmante di cui parla Garlando attraverso le avventure delle Cipolline.
E' successo che sono andata a Milano con mio figlio Cosimo, lui avrebbe visitato la città per la prima volta ed io avrei incrociato la visita con un'occasione di lavoro in una libreria. L'idea era di dedicare la mattina ai luoghi che, secondo me, non si possono mancare per una prima volta milanese, la Scala, Brera, il Duomo, che con le sue guglie gotiche sarebbe rientrato perfino nel programma scolastico di arte, dal mio punto di vista era tutto perfetto!
In quel periodo Cosimo leggeva, uno dopo l'altro, tutti i Gol! di Luigi Garlando del Battello a vapore. Solo quelli, ma finalmente leggeva di gusto e ne voleva ancora. Ne aveva uno con sé, per il treno, e, serafico, scombina la mia pianificazione con una proposta proprio da bambino: “Mamma, io vorrei andare al parco Forlanini, dici che esiste davvero?”
Vicino alla stazione c'è l'uffico per il turismo dove una signora gentile ci ha offerto la piantina della città ed ha evidenziato una vasta macchia verde in un punto decisamente periferico rispetto al Duomo. Lì mi sono chiesta quante altre mamme, non milanesi, siano al corrente che il parco Forlanini esiste davvero (se siamo ad oltre 750 mila copie vendute parliamo di centinaia di migliaia di ragazzi che leggono Gol!).
Il parco è bello grande, di quelli moderni, somiglia vagamente al Lunetta Gamberini di Bologna.
Naturalmente le Cipolline non c'erano e l'espressione sul volto di Cosimo era indecisa tra la delusione di non avere incontrato i ragazzi della squadra e la gioia di essere proprio lì, nel luogo mitico delle sue letture che gli sembravano vere e gli facevano battere il cuore.
Più tardi, in libreria, non riuscivano a capire perché fossimo entusiasti e qualcuno ha interpretato la nostra esperienza come un'occasione perduta: “visitare un luogo di così scarso valore culturale quando a Milano c'è tanto altro” ...a riconferma di quanto, alle volte, il mondo letterario per ragazzi sia ancora tenuto in una considerazione di secondo piano così come, per conseguenza, vengono sentite secondarie le relazioni che i ragazzi instaurano con i personaggi e i luoghi delle loro finzioni.
Invece a noi lo scenario del parco Forlanini ha fatto lo stesso effetto di Bolgheri o Castagneto quando si ama Carducci, ci siamo sentiti visitatori di un Parco Letterario, Cosimo era emozionato e secondo me ricorderà a lungo quella Milano, per sempre associata ai Gol! di Garlando. Io ero felice, per il mio ragazzo e per la bella occasione che mi ha regalato.
Tiziana Roversi

lunedì 5 luglio 2010

Nello stadio e fuori dallo stadio

Il Sudafrica di Nelson Mandela e del presidente Jacob Zuma ha accolto le delegazioni giunte da tutto il mondo per i Mondiali di calcio 2010. E il calcio è diventato, e lo sarà fino all’11 luglio prossimo, il centro di azioni, pensieri, discussioni, sogni, speranze, delusioni.
Delusioni per l’Italia e la Francia , delusioni che vanno oltre i risultati delle partite ed entrano nella vita politica e civile. Anche l’Argentina, il Brasile e l’Inghilterra hanno fatto i conti con la sconfitta. Un calcio fatto di cadute di tono, di affermazioni imbarazzanti, di rischi di incidenti diplomatici, un calcio lontano dalla gioia italiana, politicamente condivisa, dei mondiali del 1982. Il calcio era anche il motore primo del libro Tiri in rete, scritto da Rich Wallace. uscito per i tipi di Bompiani nel 1998, nella bella traduzione di Beatrice Masini.
Wallace, americano, ex cronista sportivo, editor, affermato scrittore di libri per adolescenti, aveva raccontato con abilità, garbo, competenza, una storia di allenamenti, di ruoli, di campi, di spogliatoi. Una storia di squadra e insieme una storia di individualità, di emozioni, di amicizie in bilico, di scelte difficili. Il racconto di un quindicenne con la passione per il pallone, innamorato di una coetanea che preferisce a lui l’amico e compagno di squadra.
Un romanzo sul calcio come metafora della vita, dove la partita giocata esce dal perimetro del campo, dove i gesti e le azioni determinano non solo il risultato fischiato dall’arbitro.
Rich Wallace ha scritto molti altri libri (non tradotti in italiano) in cui lo sport, dal baseball al basket, dal football americano al wrestling, è un modo per esplorare l’universo degli adolescenti, per descrivere il loro modo di vivere, per andare oltre la cronaca ed entrare nella storia. Il libro, che ha fatto avvicinare alla lettura ragazzini recalcitranti, purtroppo è fuori catalogo, ritrovabile nelle biblioteche e tra gli scaffali dei remainders.
Silvana Sola