Si celebra il centenario della nascita di Django Reinhardt. Gino Castaldo da "La Repubblica" ci informa di un grande concerto con cento chitarristi sul palco del Théâtre des Champs-Elysées, di ristampe delle incisioni, dischi celebrativi, libri. Anche i libri per bambini lo celebrano con uno splendido albo illustrato di Bonnie Christensen, pubblicato da Roaring Brook Press, una imprint del gruppo MacMillan America.
Il più grande chitarrista jazz, recita il sottotitolo, è raccontato da grandi pagine di illustrazione sulle quali il testo scorre come un commento poetico. Siamo in Belgio, 23 gennaio 1910, Django viene alla luce nel suo carrozzone, il padre suona il violino mentre suonano le campane del vicino paese. Tutto il campo rom festeggia con musica e balli. Il piccolo Django cresce muovendosi da un campo ad un altro, niente scuole, niente lettura né scrittura, ma pesca, giochi e musica. Poi Parigi e musica all’angolo della strada; è un ragazzo prodigio, suona il bangjo con maestria. Nella ville lumière della fine degli anni Venti può suonare con i jazzisti che amano la musica afro-americana. Lasciate le luci della città, torna una notte nel campo buio e al lume di candela si prepara a prender sonno, ma divampa un incendio nel quale si ferisce una gamba e la mano destra.
Passerà molto tempo in ospedale e due dita saranno per sempre inermi, come la pietra. Riceve dal fratello una chitarra e, ancora in ospedale, ricomincia a suonare. Ieri, per fortuna, avevo questo bellissimo albo nella borsa quando sono arrivata a casa dal lavoro, preparandomi a leggerlo in tarda sera per il post di stamattina. Nel pomeriggio ero passata a scuola di mio figlio per riportarlo a casa dopo quattro giorni di occupazione anti-tagli. Frequenta la terza liceo scientifico, indirizzo maxi informatico, 34 ore settimanali. I suoi compagni più giovani, dall’anno prossimo avranno una riduzione a 29 ore perdendo i laboratori, l’esperienza più importante dell’intero corso. Tornando in macchina mi ha raccontato di un gruppo di ragazzi che aveva suonato e che gli era molto piaciuto, in particolare un trombettista che suonava con un mano sola perché nell’altra aveva una protesi. Appena entrati in casa gli ho chiesto dieci minuti di attenzione per leggergli il mio Django con figure, poi gli ho suggerito di scaricarsi dal computer la sua musica. Ha borbottato una risposta incomprensibile, ma non ho insistito, bastavano dieci minuti di “pedagogia della lettura”. Da piccolo amava Gli Aristogatti e un giorno mi ha chiesto cosa fosse il jazz.
Grazia Gotti
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