Negli anni Sessanta Brian Wildsmith, nato nel 1930, ottenne successo di critica e di pubblico per i suoi brillanti colori e per la sua poetica. Dipinse poi le scenografie e i costumi per la versione cinematografica della storia dell’uccellino azzurro, prodotta dai russi e dagli americani insieme, ha illustrato una storia scritta da Sua Altezza Imperiale Principessa Takamado, dal 1994 esiste il Museo d’arte che porta il suo nome, e il 20 gennaio scorso ha festeggiato il suo ottantesimo. Grande regalo di compleanno e regalo a noi lettori questo albo riproposto da Il Castoro. Pubblicato nel 1976 con il titolo Hunter and His Dog, Pablo e il cacciatore è un racconto anti-caccia, un semplice e lineare racconto che scorre al fianco di tavole di straordinaria bellezza.
Pennellate larghe e materiche solcano le pagine e convivono con trasparenze acquarellate tenui e leggere. Grafismo, linee e macchie accese da colori vibranti, accanto a campiture nere e marroni, in un’alternanza che serve a sottolineare il climax drammatico e sentimentale del racconto. Un cane addestrato ad obbedire, a riportare sempre il rametto lanciato, abile a trasportare uova senza romperle, prende coscienza di fronte ad un’anatra ferita. Starà dalla parte delle anatre fino a far prendere coscienza al cacciatore. Un libro classico, che non ha finito di dire quello che ha da dire. Un libro figlio di quella che un tempo si diceva Controcultura, un movimento che non era contro la Cultura, ma che aveva in animo di rinnovarla.
Grazia Gotti
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