“Due millenni di secolo ci separano dalle prime immagini ispirate alle favole di Esopo. Il loro moltiplicarsi nei secoli e la loro fortuna sono affidate all’affermarsi delle successive trascrizioni, traduzioni, moralizzazioni, e riduzioni in poesia e in prosa…”
Così inizia il saggio di Paola Pallottino raccolto nel volume Esopo e la volpe. Iconografia delle favole dal IV a.C. al XX secolo pubblicato da Franco Cosimo Panini, in occasione della mostra ospitata a Modena, al Museo della Figurina, nella primavera scorsa.
Una mostra che racconta l’intramontabilità della favola, il suo sopravvivere al tempo, la sua capacità di presentarsi con un cuore antico ma sempre nuova nella forma, nell’iconografia, nella confezione.
E’ nuova l’interpretazione che propone l’editore Gallucci nel libro Fiabe: a Pablo Echaurren, pittore, illustratore, fumettista, scrittore è affidato il compito di raccontare che “Nel sesto secolo avanti Cristo uno schiavo greco deforme, di nome Esopo, inventò la favola. Per questo fu ucciso. Da allora le sue storie immortali continuano a svelare agli uomini il loro vero volto.” E dallo schiavo sul quale la sorte si era accanita: brutto, malformato, balbuziente o forse muto, sono arrivati fino a noi testi unici, centinaia di favole capaci, attraverso figure allegoriche, di parlare dei vizi e delle virtù degli uomini.
Echaurren dà corpo alla superbia rappresentando galli dai colori forti, tronfi, presentuosi, variegati pesci grossi intrappolati dalle rete e pesci, piccoli, minuti, che riescono a sfuggire dalle maglie per la loro esile conformazione.
Appaiono, invece, meste le volpi illustrate da Fulvio Testa nelle Favole di Esopo presenti nel catalogo Emme Edizioni, avvilite dalla mancata astuzia, mentre maestosi e riconoscenti sono i leoni di fronte a provvidenziali topolini.
Illustrazioni-quadro che ricreano l’atmosfera della favola narrata, ne esatano il lindore, la semplicità, la purezza, figure che invitano a soffermarsi sulle parole, a cogliene il significato profondo. Oggi e per migliaia di anni a venire.
Silvana Sola
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