Nella Morfologia della fiaba, Propp riconosce alcuni temi e personaggi ricorrenti. L’allontanamento, la casetta nella foresta, il tranello, l’aiutante magico, il ritorno… Sono motivi che attraversano trasversalmente il tempo, le geografie, le culture. Anche per questo le fiabe ci sono così familiari, perché esplorano le viscere dell’animo umano, raccontando della paura e del coraggio, delle avversità e della speranza. Hansel e Gretel è una delle fiabe più famose raccolte e raccontate dai Fratelli Grimm, proprio perché racchiude un turbamento profondo che va al di là del tempo. Io la ricordo, nelle mie letture di bambina, non tanto per la favolosa e succulenta casetta di marzapane, piuttosto per la fortissima soddisfazione che sentivo quando Gretel spingeva la strega nel forno. Una scena che guardavo, più e più volte, sfogliando le pagine della mia versione, un libretto sottile e consunto dall’amorevole uso. Mi pareva di poter essere io a compiere quel gesto coraggioso, fiera del fatto che fosse proprio una bambina ad avere avuto quella prontezza di spirito.
Chissà se mi sarebbe piaciuta, la versione di Walker Books, con la bella copertina colorata e glitterata (senza essere trash) e con la fiaba, ricca e intensa, ri-raccontata dal Children’s Laureate Michael Morpurgo. Probabilmente si, perché qui la matrigna è anche la strega (io lo sospettavo, anche se la fiaba diceva che era semplicemente morta) e la mamma è viva, era stata solo trasformata in un salice. L’albo, uscito nel 2008, è illustrato da Emma Chichester Clark, capace di raccontare l’alternanza delle emozioni, con un’incredibile gamma di verdi.
Dello stesso anno è anche l’adattamento uscito per Kalandraka. Qui, al posto di marzapane e zucchero, abbiamo pan di spagna, cioccolato e caramello che, come madeleine visive, accompagnano in un’assonanza di colori le atmosfere surreali e le tinte ocra e mattone di Pablo Auladell. L’illustratore mescola gli acrilici e gli acquerelli con una sapiente ricetta, che fa venir voglia di allungare un dito per intingerlo nel tetto di cioccolato. Geniale e molto efficace poi, il doppio volto della strega, falso pagliaccio dalle guance color ciliegia, che nasconde la mostruosità nella forma del becco adunco di un corvo.
Ultima arrivata, la versione di Lorenzo Mattotti per Orecchio Acerbo, in contemporanea in Francia per Gallimard, scava nel buio di questa fiaba in bicromia. Un bianco che è solo un riverbero lontano e un nero cupo, profondo. Un nero, dentro il quale, da bambina, priva dei miei sassolini bianchi, forse non mi sarei ritrovata.
Elena Rambaldi
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