Il 10 giugno Alberto Manzi è stato ricordato al Festival bolognese Biografilm. Un pomeriggio e una serata a lui dedicate sono state un’occasione importante per ripensare la figura di un grande maestro e di un grande scrittore. Manzi era nato a Roma nel 1924 e si è spento a Pitigliano, ma è a Bologna che si conservano le sue cose e che intorno alla sua figura si promuovono iniziative (Centro Alberto Manzi).
Orzowei, il libro italiano che vanta il maggior numero di traduzioni dopo Pinocchio, è ospitato nella bella collana Bur Ragazzi, numero cinque del 2009 e presenta una postfazione di Antonio Faeti. Nel romanzo ci sono tante cose, ci dice Faeti, e le passa in rassegna. “C’è anche un maestro, naturalmente. È una indementicabile figura di maestro, questo Pao, capo del “piccolo popolo”, misterioso sapiente alto meno di un bambino però colmo di antica sapienza, così ricca di spessore da far sì che lo avviciniamo alle figure di saggi che la storia che meglio conosciamo ci ha fatto individuare. Filosofo e religioso della savana, Pao sa soprattutto trasmettere un metodo anche a noi lontani da lui nel tempo e nello spazio. Chi “conosce”, sostiene Pao, sa amare e farsi amare. Gli “orzowei”, gli esclusi, i reietti, i respinti, da tribù, da gruppi, da villaggi, da città, derivano i loro tormenti solo dall’ignoranza”. Manzi aveva scritto: “Voglio far sorgere nei giovani la coscienza dei problemi (coscienza, non solo conoscenza), far sapere che esistono certi problemi e che ognuno di noi è chiamato a risolverli.”
Grazia Gotti
martedì 15 giugno 2010
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