Parlano la stessa lingua Bruno Tognolini e Maurice Sendak.
Si muove tra le pagine di Rime di rabbia, non visto, un piccolo Max con il suo costume da mostro selvaggio.
Racconta la rabbia Bruno Tognolini, la mette in rima, la fa diventare ritmo, poesia, gioco linguistico, contenuto.
Sono rime per affrontare le rabbie del quotidiano, sono rime che fanno riflettere sul perché la rabbia ci assale, sono rime scritte per essere lette.
E la lettura allenta le tensioni, nelle parole che si rincorrono è racchiuso un potere taumaturgico che aiuta a ritrovare la serenità.
Sono belle le parole che usa Bruno Tognolini, sono parole scelte, cercate, calibrate, a volte amare, a volte forti come il tuono.
Mettono la rabbia al centro, assieme alle relazioni, alle emozioni, ai sentimenti.
Svelano i segreti di un cuore ferito, di un’amicizia lesa, di un torto subito, di un desiderio rimasto sospeso nell’aria, di un incontro mancato.
Non sono facili le parole, non devono esserlo: sono parole che suggeriscono occasioni di riflessione, molto più potenti dei piedi rabbiosi che pestano il pavimento o delle mani che rompono un giocattolo.
E se è vero che i sentimenti sono l'espressione di ciò che ci circonda e che agisce direttamente o indirettamente sulla nostra vita, la citazione di William Blake, scelta da Bruno Tognolini in apertura al libro, in catalogo per i tipi di Salani, è la partenza perfetta per riflettere sulle emozioni primarie.
“Ero arrabbiato col mio amico:
dissi la mia rabbia, la mia rabbia finì.
Ero arrabbiato con il mio nemico:
non la dissi, la mia rabbia crebbe.”
Silvana Sola
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