Mi sono accostata ai libri di Beatrice Masini, che sono numerosissimi e molto vari, cercando un proverbiale filo rosso da seguire e da poter poi dipanare lungo queste righe, e così facendo sono giunta ad una prima osservazione: il “caso” di Beatrice Masini è un ottimo esempio di come in Italia negli ultimi anni i concorsi letterari siano stati in grado di portare alla ribalta autori ed opere per ragazzi di grande qualità.
A pochi anni dalle prime pubblicazioni firmate dall’autrice, il romanzo breve La casa delle bambole non si tocca, edito da Salani, vinse l’edizione 1999 del Premio Castello di Sanguinetto; Signore e signorine -Corale greca, edito da Einaudi ragazzi, si aggiudicò il Premio Pippi nel 2004, cui si aggiunse nello stesso anno il Premio Andersen come migliore autrice: non per niente nel carnet di Beatrice Masini c’erano già romanzi distintivi come Ciao, tu, scritto con Roberto Piumini, Se è un bambina, Giù la zip, Olga in punta di piedi, albi deliziosamente illustrati come Fili, Una sposa buffa buffissima bellissima, e altri albi scritti per comprendere le sofferenze dei bambini più svantaggiati, Una vice mamma per la principessa Martina, La casa con tante finestre, Anna ritrova i suoi sogni. Nel 2009 La spada nel cuore -Donne della Bibbia, sempre per i tipi di Einaudi, vinse il Premio Elsa Morante Ragazzi, e nel 2010 è stata la volta di Bambini nel bosco, edito da Fanucci: selezionato nella rosa dei dodici finalisti del premio Strega -caso finora unico fra le opere cosiddette di letteratura per ragazzi-, il libro è stato poi vincitore della prima edizione del premio letterario Frignano Ragazzi.
Ma non sono soltanto i premi a fare di una scrittrice un’Autrice con la lettera maiuscola: ci vogliono una voce personale e un immaginario -una poetica, si potrebbe dire- capace non solo di travalicare i molteplici generi e stili che l’autrice percorre, ma anche di plasmarsi in forme adatte a lettori di età molto diverse, dall’infanzia all’adolescenza. Allora qual è questo filo immaginario che tiene unite le storie di Beatrice Masini?
Il filo più resistente che ri-lega le pagine dell’autrice è dal mio punto di vista la grande attenzione che l’autrice presta ai sentimenti, alle paure, persino ai giochi, dei bambini e ragazzi che racconta. C’è la tredicenne che comanda una banda di bambini ed esercita il suo potere assoluto sui gelati da mangiare, i giochi da fare, i mille modi di trascorre le giornate estive; c’è Viola, che ha quattordici anni e ama pervicacemente un coetaneo e scrive, scrive e scrive; c’è Marianna, che di anni ne ha solo otto, vorrebbe tanto giocare con qualcosa che non può avere, e più di ogni altra cosa desidererebbe un amico; c’è Milo, che pur di non vedersi strappare il cane Tito, è disposto a percorrere da solo chilometri di boschi e deserti. L’autrice tratteggia i loro desideri con grande serietà e sincerità, assumendo il più delle volte un punto di vista interno, quello dei protagonisti stessi, talvolta la loro propria voce attraverso la narrazione in prima persona, il flusso di coscienza e lo stile epistolare. Non c’è paternalistica leggerezza, né ironia, nel trattare le piccole grandi sfide della vita quotidiana.
In La casa delle bambole non si tocca la sfida di Marianna è vincere la solitudine. La mamma, raffinata e un po’ distante, è una giornalista di moda che spesso viaggia per lavoro e lascia la bambina alle cure distratte della baby sitter. Marianna, durante le sue lunghe assenze, vagheggia (ma non solo) di giocare con l’antica casa delle bambole che la madre custodisce gelosamente in camera sua, più per condividerne la passione che per sfidare il divieto. Quando dentro la casa giocattolo compare Mo, un piccolo ospite inatteso e capriccioso e un potenziale nuovo amico per Marianna, l’autrice ci conduce con sensibilità lungo il sentiero di una travagliata amicizia immaginaria, ma non meno importante di quelle reali.
Ne L’estate gigante, la sfida della protagonista non è solo quella di far passare le lunghe giornate estive sulla riviera Adriatica, punteggiate di bagni di sole e d’acqua di mare, gelati, sale giochi; è soprattutto quella di fare i conti con la propria crescita e le trasformazioni che essa porta con sé. Se un gigante crudele, per tramite della ragazzina fattasi capo, sovrintende il quotidiano destino dei bambini della spiaggia, sono altre le forze ancora più spietate (la madre in carriera che fa visita nei fine settimana, l’amica di un tempo divenuta adolescente smorfiosa, lo scultoreo bagnino seduttore) ad innescare il passaggio all’adolescenza attraverso una dolorosa iniziazione.
In Ciao, tu, breve romanzo epistolare scritto a quattro mani con Roberto Piumini, i giovani protagonisti Viola, detta Eulalia, e Michele si sfidano a scoprirsi l’un l’altro e conoscersi intimamente attraverso la scrittura. Nell’anno scolastico che essi trascorrono scambiandosi lettere sempre più intime e profonde non ci sono prove di fedeltà da superare, languidi sentimentalismi o stuzzicanti schermaglie d’amore: c’è qualcosa di solenne, e non convenzionalmente spensierato, nel momento in cui due individui giovanissimi si innamorano per la prima volta.
C’è un filo invisibile, ma molto tenace, che percorre il carattere di molti personaggi di Beatrice Masini: la determinazione.
Penso ancora una volta a Viola di Ciao, tu, a Clara di Sono tossica di te, adolescenti determinate ad amare o smettere di amare chi non lo ha meritato. Alle eroine, mogli, regine, che popolano Signore e signorine -Corale greca e La spada nel cuore -Donne della Bibbia: i loro destini li hanno scritti altri uomini, ma esse colpiscono i lettori e lettrici contemporanei con tutta la forza della loro esemplarità. Penso a Tom di Bambini nel bosco e Milo di Solo con un cane, bambini di mondi lontani nel tempo e nello spazio, che affrontano la fuga nell’ignoto senza nessuna garanzia di sopravvivenza: eppur restano determinati a perseguire una sorte migliore di quella che gli viene prospettata.
E poi penso ad Olga, che si muove “in punta di piedi” nell’omonimo libro, e alle altre giovani aspiranti ballerine classiche ritratte nella fortunata serie di romanzi Scarpette Rosa. I libri, i film, e la storia personale degli artisti ci hanno insegnato che quando la danza è una vera passione, essa è capace di esaltare corpo e anima di chi la fa e di chi la guarda. E l’autrice, accorta ed evidentemente appassionata, ci racconta luci e ombre di una faticosa scelta di vita compiuta in giovanissima età: perché aspirare al ruolo di stella del balletto classico significa fare i conti con una disciplina spietata che esige dedizione e sacrifici fin da bambini, in nome di un ideale di perfezione artistica imposto dal mondo degli adulti.
Adulti e ragazzi, genitori e figli: un legame essenziale, un altro filo che lega fra loro le storie.
Ci sono pochi padri, e molteplici madri fra le pagine dei romanzi di Beatrice Masini. Madri un po’ scostanti, che paiono aver dimenticato le tenerezze dell’infanzia e proiettano i loro piccoli e grandi desideri sulle figlie (è un universo letterario prevalentemente femminile, quello dell’autrice).
In La casa delle bambole non si tocca, come conciliare il gusto impeccabile e classico della mamma di Marianna, che vorrebbe una figlia da vetrina, in bianco, blu e beige, e quello di una bambina-pagliaccio che strepita per farsi notare con i suoi sgargianti vestiti rossi e fucsia? E la madre di Olga, che la spinge ad intraprendere il difficile percorso di studi all’accademia di danza classica, non si accorge della solitudine che circonda la sua bambina?
È un sottile filo di piccole perle quello cucito al vestito leggero che la mamma porta in valigia durante i rari fine settimana al mare con la famiglia: indossarlo di nascosto sancisce il passaggio di consegne fra una femminilità volutamente ignorata, quella della madre agli occhi della figlia, e quella acerba dell’adolescente in cerca di sé stessa, in L’estate gigante.
In Sono tossica di te è la madre di Clara, con il suo decalogo di sospetti così sproporzionati di fronte ai “banali” sintomi di un’intossicazione d’amore, ad innescare la presa di coscienza della protagonista, che le risponde punto per punto in una lunga confessione.
E poi c’è la madre di Se è una bambina, segregata in un limbo oltre la vita dal quale struggersi per l’esistenza perduta e rimpiangere di non aver vissuto appieno la maternità, accettata solo con l’arrivo della sua terza bambina. È la guerra ad averla strappata prima del tempo agli affetti più cari; solo la figlia ancora bambina coltiva il ricordo della mamma e le parla, pur senza poterla vedere, delle difficoltà di vivere in collegio e del ricostruire una vita familiare senza genitori. Struggente, lirico, fluido (non c’è punteggiatura in questo lungo racconto a due voci): un dialogo prezioso fra donne, fra una madre e una figlia, da leggere ad alta voce.
Genitori e figli: un filo che può anche essere spezzato.
In Bambini nel bosco, un’intera nuova generazione di bambini, nata in una grigia era post-apocalisse, è stata abbandonata a sé stessa e ad un crudele “svezzamento” all’interno di asili-prigioni. I loro genitori sono uomini e donne disperati che, nel tentativo di ricostruire le basi della civiltà umana, vanno in cerca di figli di nessuno da accudire e con i quali condividere le fatiche della ricostruzione. La salvezza che un gruppo di bambini cerca nella fuga, seguendo la speranza infusa da un libro di fiabe, pieno di madri, di focolari, e di lieto fine, si scontra con l’assenza di una meta reale da raggiungere. E la soluzione proposta dagli adulti – la ricostruzione di una nuova famiglia per ogni bambino- non è fiabesca, ma solo pratica.
I genitori di Solo con un cane lasciano che sia il figlio Milo ad affrontare le conseguenze dell’editto di un sire crudele, che senza apparente motivo ordina che tutti i cani siano eliminati dal suo regno. Milo deve partire e affrontare da solo il lungo viaggio per evitare una morte certa all’amico a quattro zampe Tito. Non me ne voglia chi non ha ancora letto il libro, se svelo che per i ragazzi coraggiosi come Milo sarà una ben magra consolazione scoprire di aver sofferto di paura e di stenti per sfuggire un pericolo nient’affatto reale, e di essere stati messi alla prova dal sire per dimostrare di essere cittadini che non si piegano di fronte alle ingiustizie, mentre i genitori sono rimasti a guardare.
Genitori che salvano, genitori che curano, genitori la cui assenza ispira e innesca il percorso di crescita dei figli: dismessi i ruoli classici dagli adulti, nei romanzi distopici di Beatrice Masini sono i bambini e i ragazzi a dover riannodare i fili di un rapporto fra generazioni che nella letteratura per ragazzi contemporanea, come nella nostra società, si fa sempre più complesso.
E se i fili che ho dipanato fin qui si intrecciassero l’uno con l’altro? Se ci fosse un filo fra le mani dei personaggi, ed essi, seguendolo, scivolassero da un libro all’altro?
La madre senza nome di Se è una bambina è così sottilmente legata ad Alcesti, una delle protagoniste di Signore e signorine -Corale greca, anch’essa condannata all’Ade dal quale vagheggia la vita perduta, che la voce dei due personaggi si confonde...
La banda di bambini che percorre L’estate gigante è legata a filo doppio alla banda dei Bambini nel bosco: stesse capigliature, simili movenze e ruoli che si riflettono dall’uno all’altro romanzo….
E poi Tom Due Volte e Milo, i protagonisti di Bambini nel bosco e Solo con un cane, che paiono percorrere il secondo la strada interrotta dal primo…
… solo alcuni esempi di un gioco che i lettori attenti potranno fare se accetteranno di non perdere il filo delle storie di Beatrice Masini per scoprire che cosa c’è in fondo.
Dappertutto ci sono fili.
I fili sono diversi, come sono diverse le persone.
Possono essere sottili e forti, leggeri e robusti.
Certi fili si chiamano legami.
Sono invisibili ma molto tenaci.
Le strade sono fili che uniscono le persone.
Ci sono fili che è bello seguire
Per scoprire che cosa c’è in fondo… (da Fili, Beatrice Masini, Mara Cerri, edizioni Arka)