lunedì 15 giugno 2015

E se fosse un Paese sbagliato?


Nella prefazione al libro Mario Lodi. Pratiche di libertà nel paese sbagliato, in catalogo per BeccoGiallo, la figlia Cosetta ricorda un'affermazione del padre: “Il fumetto è la sintesi dei due linguaggi fondamentali con i quali l'uomo ha comunicato in ogni civiltà e in ogni tempo: la parola e il segno. Sono due linguaggi che il bambino da solo scopre intorno a sé, conquista e usa nei primi tre anni di vita.” Ed è il fumetto il linguaggio scelto dagli autori per raccontare un grande Maestro, un pedagogo che aveva a cuore l'educazione e l'infanzia, l'arte, la libera espressione così come la società civile.
Nel libro che porta la firma di Alessio Surian, Diego Di Masi, Silvio Boselli c'è la storia di un uomo che ha sempre agito in nome dell'etica e della libertà, del diritto e della partecipazione.
Mario Lodi è raccontato attraverso lo svelarsi di una vita che lo vede impegnato nella Resistenza, poi giovane maestro in un'Italia ancora ferita dalla guerra, un maestro che si batte perché ci sia davvero una società nuova.
Un maestro che si occupa dei ragazzi e a loro guarda per mettere a punto un pensiero pedagogico che parla di cooperazione, condivisione, trasmissione di conoscenza, pensiero.
Una pedagogia agita che opera per il cambiamento in un paese difficile, pieno di contraddizioni.
E Il paese sbagliato, editore Einaudi, diario di un’esperienza didattica “rivoluzionaria” basata sulla conoscenza, lo scambio, la democrazia, diventa una vera bandiera pedagogica con la quale il maestro di Piadena vinse il prestigioso Premio Viareggio nel 1972.


In un'Italia che ha dibattuto e dibatte riforme della scuola che faticano a trovare strade dell'educare in cui convivano conoscenza ed empatia, contenuti, tempi e forme di accesso al sapere, passione, competenza e giusta considerazione del ruolo dei maestri, Mario è esempio da seguire.
La sua idea di scuola è attuale, può vivere ed essere esaltata dalle tecnologie, può indicare percorsi possibili a chi si sente sopraffatto dalla burocrazia e dall'ansia di prestazione.
Lodi parlava già, consapevolmente, di outdoor education (senza usare definizioni specifiche per catalogare esperienze pedagogiche), di arte come forma necessaria di espressione, di rete, di scambio, di gioia nel leggere e nel fare, di inclusione, di valori morali da trasmettere.
Mi piace chiudere citando un suo intervento sul volume che realizzammo in occasione del sessantesimo della Resistenza:
“Come i patrioti della Resistenza europea hanno lottato sfidando la morte per vincere il mostro della guerra, così oggi i popoli dell'Europa possono unirsi per scoprire le comuni radici ideali, artistiche, scientifiche e religiose per costruire insieme la pace come obiettivo di una nuova civiltà.”
Una pace fatta di azioni positive e di accoglienza, oltre le frontiere fissate da una geografia fisica e politica, immagino avrebbe aggiunto.

Silvana Sola

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