venerdì 29 gennaio 2016

I bambini annegati

illustrazione di Shaun Tan

Sergio Ruzzier mi ha suggerito il blog Nine kinds of pie e non ricordo nello specifico il perché. Abbiamo parlato di tante cose in occasione della sua permanenza a Bologna come giurato per la mostra illustratori della fiera. Oggi voglio condividere con i nostri affezionati lettori la call for papers per il tema Migranti nella letteratura per ragazzi, nell'augurio che dall' Italia possano giungere molte voci. La nostra Elly Sclein, da Bruxelles a Lampedusa, ieri ci ha fatto un resoconto. In tanti chiedono che si intervenga nelle acque della Grecia. Facciamoci sentire.

Grazia Gotti

giovedì 28 gennaio 2016

Nel giardino di Matisse



"Mentre le sue forbici correvano sul foglio, fantasticò su come deve sentirsi un uccello quando vola.
E mentre ritagliava, Matisse si sentì come se anche lui stesse volando.”

Da una narrazione semplice e immaginifica dell'ultimo periodo creativo di Matisse, quello dei collages, nasce un albo illustrato che è da subito uno strumento perfetto per parlare di arte ai bambini, attraverso il medium della tecnica utilizzata dal grande maestro. Niente di meglio per proporre quale stimolo per il fare, anche per i più piccoli: l’esercizio del ritagliare forme colorate, magari seguendo proprio l’esempio di Matisse nel gioco dell’associazione di semplici sagome colorate, fino alla realizzazione di alcune composizioni molto complesse. Ecco svelato il mistero di come, da un ritaglio di carta bianca, può nascere davvero di tutto, anche un meraviglioso giardino.

Domenica 31 gennaio alla Libreria per ragazzi Giannino Stoppani, Elena Baboni cura un laboratorio dedicato a Il giardino di Matisse di Samantha Friedman, illustrato da Cristina Amedeo ed edito da Fatatrac. Scarica qui l'invito.

La redazione Zazienews

mercoledì 27 gennaio 2016

Mistaken Identity


Alcuni mesi fa, durante un’esercitazione con i miei studenti all’ISIA di Urbino, mi è stata sottoposta un' illustrazione davvero singolare titolata Mistaken Identity, che portava la firma di Ken Wong, artista australiano, virtuoso del digitale. Un’immagine bellissima diventata la copertina di Out of my mind, il libro scritto da Sharon M. Draper, ora in catalogo per Feltrinelli, con il titolo Melody.


Un libro commovente, divertente, capace di coinvolgere il lettore, di renderlo partecipe della vita di Melody, una ragazzina che non parla, non cammina, non…
Non può fare nulla, è totalmente dipendente dagli altri, perché il suo handicap la tiene imprigionata in una armatura solida e inespugnabile.
Ma Melody sente, capisce, conosce, prova sentimenti, fotografa con i suoi occhi la vita che le si muove attorno. E spinge per trovare il punto debole dell’armatura.
Non è un libro sulla disabilità, è un libro in cui la disabilità diventa il cardine narrativo per dichiarare che la differenza non è una sottrazione. E’ un libro sulla Visibilità, contro l’indifferenza, è un libro sull’ascolto, sui bisogni inespressi.
E’ un libro, come afferma in un’intervista Sharon M. Draper, che vuole mettere in primo piano la persona, l’individuo, le sue peculiarità, e le relazioni. Relazioni che sono la base per rendere il mondo un luogo possibile, vivibile, umano.
Vorrei Sharon M. Draper a Bologna. Vorrei la scrittrice americana pluri-premiata, formatrice, ex insegnante, al tavolo che IBBY Italia sta preparando, un tavolo in cui la rappresentazione della disabilità è occasione per parlare di buoni libri per tutti.
Sceglieremo le sue parole anche per l’antologia che, come Cooperativa Giannino Stoppani, stiamo mettendo a punto, un’antologia che dichiara la possibilità di un altro sguardo.

Silvana Sola

martedì 26 gennaio 2016

Cappuccetto Rosso


Quando, oramai parecchi anni or sono, varcai la soglia di Palazzo Malvezzi per discutere la tesi in processuale amministrativo, non avrei mai immaginato che mi sarei trovata a seguire, confusa e felice, il professor Antonio Faeti in un freddo pomeriggio di inverno bolognese e a scoprirmi entusiasta erede di Cappuccetto Rosso in un percorso evolutivo di sopravvivenze.
Lo spunto, uno di quelli che ancora la città di Bologna offre a chi cerca vie alternative di conoscenza, una lectio magistralis tenuta dal professor Faeti, col supporto della professoressa Bernardi, in un teatro Testoni pieno di adulti riunitisi a rendere omaggio alla Letteratura per l’Infanzia e a Wolfango, un illustratore che ne ha fatto la storia con il suo stile e la sua identità di artista colto.
Smarrita dall’assenza di giuristi, non è stato difficile ritrovarsi, perché, a cercare e a farlo bene, Cappuccetto Rosso passa, è passata e passerà per le vite femminile che vanno oltre, che non si fermano alle imposizioni del materno, a quel dito puntato addosso quale ammonimento, quale suggeritore di pene severe congiunte a possibili trasgressioni, dipinto da Wolfango in una figura materna simile alla madre di Cristo.
Cappuccetto Rosso, come bene ha spiegato la professoressa Bernardi, è sì il desiderio infantile di accedere all’oscurità del bosco, al non conosciuto, la voglia e insieme il piacere di viaggiare, di scoprire, ma è anche il femminile che si fa conquistare dal desiderio e che per questo esplora, scoprendo pezzi di sé che abbattono il dito, l’ordine costituito delle cose, in nome di un sapere che conduce alla vita cosciente.
Oramai sono nel bosco e, intorno, il teatro ha lasciato il posto alla mia infanzia e alla mia storia di donna in un passaggio in cui il diritto torna in forme rinnovate a dare sostegno a Cappuccetto Rosso che rivendica la sua scelta come atto di libertà.
In fondo, come la lectio ci suggerisce, Cappuccetto Rosso  è sorella di Proserpina, è il femminile che si sottrae temporaneamente alla stabilità della terra offerta dalla madre Demetra per affrontare il buio, il mondo di sotto, in una sorta di rito sciamanico di iniziazione, un rito cannibalico che passa dalla forza e dallo scarto dell’identità maschile, dalla “lupitudine”, per dare modo alla donna di ricongiungersi alla saggezza degli avi e di farla propria, di interiorizzarla, senza necessità di imposizioni.
Riportata al presente e felicemente spiazzata dalle mutevoli voci del professor Faeti che legge Stefano Benni e Sergio Tofano, che legge Giorgio Soavi e Marie-Louise Von Franz, allieva di Jung, mi perdo tra le mille identità vocali di questo in apparenza burbero signore, che tanto mi ricorda il dualismo dei mostri selvaggi di Maurice Sendak, laddove un mostro non è mai solo un mostro, e torno alla complessità della vita e della storia che si sta narrando, mi immergo, dietro alla sua voce, nei colori e nelle scelte di Wolfango e incomincio a ritrovarmi, seppur nell’apparente “caos”.
Se la fiaba è dominata dal principio di variazione che apre le porte a una moltitudine di significati e se essa trae spunto da ciò che noi non riusciamo a vedere, ma che c’è, dalla vita insomma, forse anche la storia di chi scrive può essere una fiaba e ogni suo pezzo può trovare il suo incastro e il suo senso.
Diritto e fiabe, a ben guardare, possono darsi la mano, almeno per il tempo necessario a Cappuccetto Rosso a contestare l’autorità in nome di un diritto inviolabile, quello di vivere la vita che più gli appartiene, che più ci appartiene.

Alessandra Bartucca, allieva master Accademia Drosselmeier 2015/2016

lunedì 25 gennaio 2016

La Cina, Bologna e la letteratura per l'infanzia


Da tempo leggo libri di autori cinesi, del passato e contemporanei.
Avendo avuto amici sinologi in gioventù, studiosi della lingua e della cultura cinese, è stato facile leggere poeti cinesi contemporanei, così come il classico Diario di un pazzo di Lu Xun. Oggi si trovano parecchi autori da leggere, dal Nobel 2012, Mo Yan, ad autori come Ma Jian o la scrittrice cino-americana Yiyun Li, pubblicata da Einaudi. 
Sono interessanti anche i libri di occidentali che amano quella cultura e vi sono stati casi di scrittori che hanno ambientato le loro storie in Cina, come la grandissima Beatrice Solinas Donghi, anche se in Cina non c'era mai stata.  Per anni ho cercato di capire cosa leggessero i bambini cinesi, ma anche quando qualcuno veniva in fiera a Bologna, o a Francoforte, era molto complicato parlare direttamente e chiedere informazioni. Le cose cambiano. La casa editrice Giunti è quella che per prima ha aperto la strada alla cultura cinese. Ha in catalogo una raccolta di fiabe cinesi, Il segreto di Rosso ciliegia come albo Motta Junior, il romanzo La rivoluzione non è un pranzo di gala e da pochi mesi Il Girasole, dell'autore cinese selezionato nella shortlist del premio Hans Christian Andersen. I ragazzi cinesi viaggiano molto e vengono a frequentare le università occidentali. Una studentessa dell'Accademia di Belle Arti di Bologna ha scelto di fare il tirocinio alla libreria Giannino Stoppani. Riceviamo e pubblichiamo con piacere il suo augurio allo scrittore cinese e pubblichiamo l'invito per la mostra dei suoi lavori e di quelli di una amica italiana.

Grazia Gotti


Cao Wenxuan è uno dei più celebri autori cinesi contemporanei, membro del Comitato Nazionale dell’Associazione degli Autori Cinesi e professore all’Università di Pechino.
Nei suoi numerosi romanzi e racconti per ragazzi ama indagare in modo poetico la vita e l’universo emotivo dei bambini.
Ha già vinto più di trenta premi letterari in Cina ed è stato nominato per due volte, nel 2004 e nel 2016, per il premio Hans Christian Andersen.
Molti dei suoi libri sono stati tradotti in vari paesi del mondo, e fra i suoi tanti capolavori, il romanzo Il Girasole è stato tradotto in italiano e pubblicato nel 2015 dalla casa editrice Giunti.
Come illustratrice cinese che vive in Italia, sono contenta e orgogliosa che degli autori cinesi possano ottenere importanti riconoscimenti internazionali, motivo per cui porgo i miei migliori auguri al maestro Cao Wenxuan, affinché possa vincere il premio Hans Christian Andersen di quest’anno. 

Han Xu


"Nella vita quotidiana, ci sono sempre delle cose commoventi, i primi raggi del sole di ogni mattina, un saluto degli amici, una bici rossa che ti compagna da tanti anni, un cane che abbaia, una faccia innocente di un bimbo... oltre ad illustrare una fiaba antica o un romanzo, mi piace scrivere dal mio punto di vista le storie che succedono nella vita quotidiana. Amo scrivere e disegnare piccoli pensieri e emozioni."

Han Xu

venerdì 22 gennaio 2016

The Art of the Possible


I governi possono fare le leggi mentre “Changing the constitution is usually harder and involves having a lot more people agree to the changes”.  La politica come tema di un libro per ragazzi è quanto ci propone la casa editrice canadese Owlkids Books (gufi!). Mentre leggiamo questo libro ci chiediamo per quale età sia consigliabile e alla fine penso sia un libro per tutti, ma se fossi ancora una maestra lo leggerei e lo userei in quinta elementare come libro di saluto, prima che i ragazzi comincino la nuova avventura delle scuole medie.
A pag 24 viene presentato un Case Study per spiegare la cittadinanza attiva. Sono sorpresa e strafelice che una delle mie eroine venga ricordata, ma poi penso che sono canadesi e che Jane Jacobs, lasciati gli Stati Uniti, se ne andò proprio in Canada, per evitare ai suoi figli la guerra in Vietnam. Ho letto il famosissimo The Death and Life of Great American Cities, qualche anno fa e da allora la passione politica (civica) ha ricominciato a riscaldare il mio cuore. Credo di avere sempre sentito questa fiamma, ma non ho mai trovato una “casa”. In anni recenti ho seguito il movimento di Pippo Civati ed ho imparato tante cose, conosciuto tante persone perbene, ma nel percorso per preparare le amministrative a Bologna, mi sono sentita di nuovo senza casa, una homeless della politica. Penso che l'ultima cosa coerente da fare sarebbe fondare il circolo Jane Jacobs e cominciare dalla sua figura a parlare alle altre donne. E' un cammino lungo, ma il solo, per me, Possibile. Intanto provo a chiedere a qualche editore se avesse in animo di aiutare i ragazzi a capire di più di una cosa che non li riguarda in quanto non votano ancora, ma che riguarda le loro vite e quelle di tutti. La casa editrice canadese apprezzò molto il nostro le penne in pugno, acquistò i diritti e fece uscire il libro in Canada e in Nord America, guadagnando anche il Parent's Choice  nell'estate del 2011. Il libro di Jane Jacobs è pubblicato da Einaudi.

Grazia Gotti

giovedì 21 gennaio 2016

I magnifici dieci



Con gioia condividiamo una bellissima notizia: Alessandro Sanna è nella shortlist degli illustratori dell'Hans Christian Andersen Award per il 2016, candidatura di IBBY Italia.
La shortlist, annunciata ieri, comprende gli autori Cao Wenxuan (Cina), Louis Jensen (Danimarca), Mirjam Pressier (Germania), Ted van Lieshout (Olanda) e Lois Lowry (USA). Per gli illustratori oltre al nostro Alessandro sono stati nominati: Rotraut Susanne Berner (Germania), Pejman Rahimizadeh (Iran), Suzy Lee (Corea), Marit Törnqvist (Olanda).
La giuria del premio comprende 10 membri provenienti da tutto il mondo e i due vincitori saranno annunciati alla IBBY Press Conference il 4 aprile prossimo, all'interno della Bologna Children's Book Fair.
L'Hans Christian Andersen Award è il più prestigioso premio dedicato ai libri per bambini, e quest'anno festeggia il suo sessantesimo anniversario.

La redazione Zazienews

mercoledì 20 gennaio 2016

Ossa e scheletri oltre il giorno dei morti



Abbiamo già parlato su Zazie di Josè Guadalupe Posada: io ricordando la bellissima mostra dedicata al suo lavoro, visitata a Siviglia, Grazia il libro El  Nombre de juego es Posada, Elena ricordando l’elenco dei migliori picture books editati nel 2015, stilato dal New York Times.
Ora ho tra le mani proprio uno di questi libri, pubblicato da Abrams nel 2015.
Un bellissimo albo illustrato, Funny Bones: Posada and this Day of the Dead, firmato da Duncan Tonatiuh, illustratore messicano, formatosi alla Parson School of Design di New York. Un libro che raccoglie l’eredità del grande incisore messicano, che la fa propria per portare in pagina la vita di Posada. Tonatiuh descrive e illustra la sua infanzia, l’incontro con la stampa, le incisioni, le famose calaveras, gli scheletri che descrivono, in forma satirica, i vizi della società e del potere.
Il libro ricostruisce, per i bambini e i ragazzi, il Messico della seconda metà dell '800 fino all’inizio del '900, i rapporti con il potere, la Rivoluzione e la straordinaria abilità di Josè Guadalupe, la sua perizia tecnica, il suo pensiero divergente.
Tonatiuth gioca con il segno “mortifero” di Posada, lo porta nel presente, regalandoci meravigliose cornicette che accompagnano le pagine.

Silvana Sola

martedì 19 gennaio 2016

La letteratura per ragazzi anticipatrice


La coppia Boileau - Narcejac, proposta di recente da Adelphi per il pubblico adulto, era nota al pubblico dei giovanissimi sin dal 1989, grazie alla casa editrice Sei. Nella bellissima collana I Roditek si trova il racconto poliziesco Asso di picche, arricchito dalle illustrazioni di Francis Caryn. 



Qualche anno più tardi, nel pieno dello sviluppo di bellissime collane di genere, appare nella serie Junior Giallo di Mondadori, La canzone della paura, romanzo che vede Robin e Patrick, giovanissimi investigatori, alle prese con una intricata matassa di cui troveranno il bandolo.
Mi manca molto la letteratura che leggevamo in quel periodo. Il titolo mondadoriano era uscito nel 1993 e già nel 1994 era stato ristampato, così come capitava a molti titoli. Non erano titoli di strabiliante successo, ma avevano individuato un pubblico di lettori, in crescita, che si nutriva di buone cose, come fanno oggi i raffinati lettori Adelphi.

Grazia Gotti



lunedì 18 gennaio 2016

Io c'ero, e anche loro


“Io c'ero. Sì, mi trovavo in un punto qualsiasi di quel traballante mondo in bilico fra tragedia e speranza, Solo che il mio particolare “punto qualsiasi” non era il più desiderabile. Nella mia qualità di bambina ebrea, con l'onde nera del nazismo che incombeva dappertutto il “mio” punto era quanto mai precario e pericoloso...”
Si racconta così Lia Levi in "Io c'ero", il testo pubblicato nel volume Resistenza '60, dieci anni fa.
E della precarietà dell'esistenza e del pericolo scrive anche oggi, nel romanzo Quando tornò l'arca di Noè, pubblicato da Piemme.
Scrive del 1943 a Roma, scrive dei ragazzini espulsi dalla scuola pubblica perché ebrei.
Scrive di una scuola ebraica che racconta i fatti della Bibbia, catturando l'interesse dei bambini quando l'insegnante è capace di fare sentire un plot narrativo straordinariamente avventuroso.
Descrive la vita di tutti giorni dei bambini che faticano a capire perché non possono andare alla scuola di tutti, faticano a capire i cartelli ingiuriosi apparsi sulle vetrine dei negozi, faticano a capire perché il postino Michele non può più recapitare la posta e il babbo di Bruno non può fare più l'ingegnere.
Bambini descritti nel loro desiderio di andare avanti nella vita, curiosi dei fatti che non vengono mai svelati nella loro cruda verità.
Lia Levi immagina per loro un futuro di salvezza, accanto alle loro famiglie, dichiarando una possibile serenità del dopo.
Ma alla fine del romanzo ricorda ai lettori che, nella realtà, la storia è stata anche un'altra, una storia che parla di campi di sterminio, di un milione di bambini morti, di sofferenze.
Un libro volutamente leggero, un libro di storia e di memoria, che intreccia quel Io c'ero con la vita e la speranza.

Silvana Sola

venerdì 15 gennaio 2016

In ricordo di Gianna Vitali

Ricordiamo Gianna Vitali con le parole di Luisa Mattia per IBBY Italia.



Una donna senza rimpianti, era Gianna. Aveva, certo, molti ricordi. Così tanti che, nel corso di più di quarant’anni, ne ha generosamente fatto dono ai tanti – lettori, librai, scrittori – che l’hanno conosciuta.
L’abbiamo amata per la sua ruvida capacità di gioire, per l’eloquio senza fronzoli, per la passione allegra che dedicava ai libri e a chi li leggeva. 
Agli scrittori ha fatto dono di attenzione severa e alte aspettative. 
Tra i libri ci viveva, Gianna. E ci entrava dentro, perché erano la sua casa. Per ogni libro aveva la chiave capace di aprirlo. A volte, li teneva stretti perché se ne era innamorata e non faceva che parlare di loro, li teneva da conto per poterli presentare a chi, come lei, era capace di amore a prima vista e li avrebbe protetti e illuminati con la gioia della lettura.
La gioia la visitava spesso, Gianna. Le succedeva perché conosceva la malinconia, la tristezza profonda degli abbandoni, l’infelicità della perdita. E, dunque, rideva volentieri, piacevolmente chiacchierava bevendo vino e mescolando, con fare malandrino, burle e facezie a discorsi sulla letteratura.
E’ stata capace di grandi amori, Gianna. Roberto, certo. E intorno quella sua famiglia che l’accoglieva sul mare di Bretagna tra cieli plumbei e mimose in fiore. Ma non solo. 
Ha amato l’entusiasmo del far progetti contro ogni buonsenso, contro ogni perbenismo. Ha amato i bei libri e chi li legge. Ha amato i libri brutti, utile confronto con il peggio per apprezzare il meglio e farne una missione.
Il “meglio” era nella semplicità, perché Gianna era fatta di cose necessarie, insostituibili nella loro dura verità. Di questo abbiamo goduto, questo ereditiamo : una responsabilità. Ci sarà da far cose sorridendo ma con severità, badando all’essenziale. Continueremo a prendere casa dentro ai libri, a edificare case per i libri, a esplorare il mondo crescendo lettori, affamati di storie buone da mangiare con gli occhi e con il cuore. E berremo buon vivo, brindando a Gianna, che resta.  
Luisa Mattia ©

giovedì 14 gennaio 2016

Shakespeare e Idalberto Fei



Avevo molto apprezzato il lavoro di Idalberto Fei in occasione dell'uscita dell'Orlando furioso e innamorato e con questo Shakespeare consolido il mio giudizio è rafforzo il mio gradimento per la sua capacità di restituire Shakespeare sotto forma di racconto, un racconto che scorre con felicità sospinto da una lingua molto gradevole. Penso che l'autore nutra un grande amore per i classici e che ritenga quanto importanti siano per la formazione intellettuale e sentimentale dei giovani. Sono poi doppiamente felice di ritrovarlo in un piccolo libro che ho trovato sul banco della libreria alcuni giorni fa. Mentre è sempre più consueto trovare oggetti, cianfrusaglie, cose da niente, in prossimità delle casse delle grandi librerie, questo libretto, sul bancone di una libreria per ragazzi, desta sorpresa. Si leggono, insieme a quello di Idalberto Fei, nomi come Collodi, Paolo Poli, Giovanni Papini, Pietro Pancrazi, Indro Montanelli. Da qualche tempo vado dicendo a tutti che Pietro Pancrazi, oltre a scrivere di Collodi, scrisse in buon italiano un classico della nostra cultura, La Costituzione, e invito a ragionare su quanto sia ancora fresca, bella, nei contenuti, ma anche nella forma. Molti mi prendono per una stramba, gli insegnanti si aspettano "ricette" per far leggere. Io porterò agli insegnanti lo Shakespeare di Idalberto Fei e ricorderò la scrittura di Pietro Pancrazi. Sarò inattuale, cercando di seguire la lezione dei Maestri.

Grazia Gotti

mercoledì 13 gennaio 2016

Le leggi della natura


Una lupa nera, portatrice di incanto e mistero, conduce i piccoli lettori in un mondo di bellezza pura governato, però, da leggi precise, millenarie e inesorabili. L’incantesimo della lupa è un testo scritto da Clémentine Beauvais, illustrato da Antoine Déprez ed edito in Italia da Terre di Mezzo. Il suo cuore è il delicato rapporto tra umanità e natura, un faticoso e instabile equilibrio che spesso si spezza per poi insperatamente ricomporsi.
In un inverno freddissimo la bambina Lucie è costretta a letto da uno strano malessere. Dietro la malattia si cela il ricatto della lupa strega che da più di trecento anni veglia sul villaggio: se non le verrà restituita la figlia, una bella lupacchiotta dall’intenso pelo nero, il malessere si trasformerà in morte. Per salvare l’amica Romane, la piccola protagonista, inizierà un percorso di trasformazione e conoscenza, e aderirà, in modo sempre più profondo, a quell’universo selvatico e complesso.
Una fiaba che indica con chiarezza come quell’intricato amalgama di istinto, paesaggio e respiro proprio del bosco e del mondo naturale tutto sia, anche in noi, prezioso e impalpabile retaggio della vita che fu dei nostri antenati e che ancora sopravvive come sostrato della quotidianità. 
L’incantesimo della lupa si sviluppa tra tavole calde, rappresentazioni del villaggio e dei suoi abitanti, e altre in cui predominano i neri e i grigi dei boschi e dei lupi. Tavole che si alternano per dare origine a una lettura piacevole e avventurosa.

Valentina Olivato, Corso Redattore di prodotti editoriali per ragazzi

martedì 12 gennaio 2016

Geppetto era un tortellino ma anche....


"Ti riconobbi anch'io – disse Geppetto – e sarei volentieri tornato alla spiaggia: ma come fare? Il mare era grosso e un cavallone m'arrovesciò la barchetta. Allora un orribile Pesce-cane che era lì vicino, appena che m'ebbe visto nell'acqua corse subito verso di me, e tirata fuori la lingua, mi prese pari pari, e m'inghiottì come un tortellino di Bologna."

Pinocchio e Geppetto sono universalmente noti e ce li immaginiamo che parlano tra di loro dopo essersi appena ritrovati, prigionieri, dentro alla pancia di un enorme mostro marino, al solo lume di una fioca candela che sta per esaurire la propria linfa vitale e viene naturale compatirli un po' per il loro destino sventurato, ma al contempo viene l' acquolina in bocca pensando a quel succulento e buonissimo tortellino di Bologna. Al ragù, alla panna o in brodo poche cose sono italiane come la pasta all'uovo ripiena e nessun lettore dell'italica penisola ha alcun dubbio riguardo all'oggetto di piacere culinario in cui si trasforma il falegname agli occhi del pesce-cane. “Le avventure di Pinocchio” è di fatto uno dei libri più tradotti al Mondo e mi sorge spontaneo chiedermi come venga reso un prodotto così particolare e specifico in lingue e tradizioni lontane da quella dell'autore. Cosa ne sa un bambino francese di un tortellino? Un maestro inglese come spiega ai propri alunni cosa mangia quello squalo? Un ragazzino spagnolo conosce la pasta ripiena? 
E' quantomeno curioso scoprire come si trasformi il nostro tortellino e, di conseguenza, il nostro Geppetto nei vari riadattamenti nazionali.
Gli inglesi, sono senza dubbio i più golosi di tutti: il loro and swallow me as easily as if I had been a chocolate peppermint ci porta alla mente prima e alle papille gustative poi (che si sa, lavorano a pieno ritmo anche se non si ha nulla da sgranocchiare in bocca), un fresco sapore di cioccolato alla menta e ci figuriamo un bel pezzo di questa squisita leccornia galleggiare in mezzo al mare finché un pesce-cane affamato non la ingoia tutta d'un pezzo. 
Sempre spinti dalla gola sono i francesi, che evocano una tartelette bolonaise che nessun bolognese conosce, ma che di certo è piena di marmellata o crema adagiate e racchiuse in una deliziosa pasta al burro sulla quale galleggia verso la voragine che è bocca del pesce-cane. Decisamente anche questa soluzione solletica il palato e fa venire voglia di tramutarsi in squalo per poter addentare quel dolce falegname di Geppetto. 
In Bulgaria si immaginano senza dubbio un ometto che viene ingurgitato da una bestia destatasi dopo il riposo notturno, dato che il tortellino diventa la loro banichka, una pasta sfoglia ripiena di carne o formaggio che sono soliti consumare al mattino, durante la colazione appunto. Molto simili sono i paszteciki polacchi, scelti dal traduttore perché anche questi sono dei rotoli di pasta ripiena,  tradizionali tanto quanto il nostro tortellino. Permane il concetto italiano da cui siamo partiti e se nell'aspetto nessuno dei due assomiglia all'originale del testo collodiano, rimangono piuttosto fedeli nella forma e nel contenuto (anche se molti italiani sobbalzerebbero sulle sedie alla sola idea di un tortellino ripieno di funghi e crauti, soprattutto servito al mattino!).
Ancorati alla tradizione italiana sono i bosniaci, che trasformano il tortellino in tagliatelle bolognesi (bolonjske rezance), pensando probabilmente che il ripieno sia un po' superfluo e che al vorace squalo basti la non leggera pasta all'uovo per essere sazio. Di certo costoro non hanno mai gustato un bel piatto di tortellini che, senza nulla togliere alle tagliatelle, hanno quel quid in più che è imprescindibile per conferire alla pietanza quella connotazione di squisito prodotto emiliano. 
Originali sono senza dubbio i rumeni che alla maniera Disney trasformano il pesce-cane in balena, e fanno di Geppetto una dura noce. L'idea di base di ripieno c'è se si immagina il frutto come uno scrigno che nasconde il gheriglio succulento, ma in un confronto diretto la semplice noce non regge di fronte a tutte le leccornie di cui abbiamo parlato fino ad ora.
La tradizione scandinava ha una storia che vale la pena raccontare: immaginiamo i primi traduttori non così consapevoli della lingua italiana da poter definire chiaramente il nostro tortellino, ma avendo comunque in mente che si tratti di una prelibatezza capace di stuzzicare l'appetito dei più decidono di trasformarlo in un tortino bolognese, indecisi al punto da non dare una connotazione di dolce o salato al termine usato. Spinti però dal profumo dei prodotti italiani che iniziano ad apparire anche sulle loro tavole, decretano che il tortellino meriti di venire trasformato quantomeno in un prodotto culinario piacevole: i norvegesi ne fanno una zolletta di zucchero e gli svedesi una bella fetta di torta. Il pesce-cane sarà stato contento, non ne dubito! Via via che i rapporti con l'Italia si fanno più intensi e la tradizione culinaria del Bel Paese si va a inserire nell'immaginario del quotidiano nei paesi scandinavi, il falegname diviene una maccherone galleggiante in mezzo al mare che si fa zuppa. La pancia dello squalo si riempe sempre più e siamo sempre più vicini a Collodi. I traduttori contemporanei e i loro paesi d'origine sono così consapevoli della cucina italiana, facile immaginare che ne siano golosissimi, da non cercare più un'alternativa e il tortellino torna essere tale e quale, un succulento boccone di pasta ripiena, con grande soddisfazione del pesce-cane, anche in Svezia o in Norvegia.
In Germania il nostro Geppetto diventa un appetitoso appetithäppchen, un antipasto, uno stuzzichino, e ci immaginiamo lo squalo che si gusta il nostro sventurato come fosse finger food.
Per terminare con la traduzione che cerca nei ricettari la propria epifania, in Cina rivisitano il nostro ombelico di venere con un bel raviolo al vapore che, come la banichka bulgara, ben si sposa con l'originale.
Un po' più noiosi sono gli spagnoli, i russi e gli olandesi, che tradiscono l'idea collodiana di Geppetto come pasto facendolo diventare una pillola. Fa quasi pena quel pesce-cane in mezzo al mare che ingoia il primo malcapitato che si trova davanti, pensando forse si tratti di un rimedio  miracoloso contro la sciatica che lo affligge. Visivamente più povera come fantasia, sicuramente meno golosa! Nessuno di noi avrebbe dubbi se dovesse scegliere tra mangiare un tortellino o una pillola, eppure la soluzione della medicina pare convincere più traduttori, dimentichi forse quanto succulenta sia la trovata di Collodi.

Ambra Farina - allieva Accademia Drosselmeier 2015/2016

lunedì 11 gennaio 2016

Nella tana del lupo


Un viaggio nei luoghi comuni sul lupo, costruiti nel tempo e nella storia, i racconti, i romanzi, le fiabe, i versi che da lì partono per confermarli o superarli, la loro forza visiva nelle sapienti ricostruzioni scenografiche, lo stupore e i nostri sensi in allerta, la vita quotidiana dello storico antagonista di Cappuccetto rosso, il suo rapporto con la luna e, neanche tanto in fondo, la sua vicinanza a noi, come branchi o come individui: questo e molto altro ancora è “Nella tana del Lupo”, la mostra itinerante, iniziata il 31 Gennaio 2015, progettata e ideata dalla cooperativa “Il Mosaico”, con il supporto tecnico-scenografico dello studio Quadrilumi, all’interno del suggestivo palazzo storico che ospita la biblioteca per ragazzi “Casa Piani” di Imola.


La mostra è un viaggio di conoscenze multiple e, come tutti i viaggi, è costellato di tappe.
La partenza è un video, un doveroso passaggio in cui veniamo introdotti, nel buio della sala, al mondo e alla storia di un pezzo insostituibile delle paure della nostra infanzia.
Il video, nella sua essenzialità, costruito, secondo metodi dal sapore antico, attraverso la ripresa delle ombre create da cartoncini ritagliati anche dalle mani sapienti di Agnese Baruzzi, con voce e musiche che impongono attenzione e rispetto, ci presenta il protagonista della mostra, ce lo presenta nella sua importanza narrativa, in quella storica, laddove si rievoca l’origine di Roma, nelle nostre vite di bimbi, passate o presenti, nella coscienza che, a ben guardare, la fortuna di vedere un lupo vero è destinata a pochi.
Il video introduce e prepara a nuove tappe, quella dei luoghi comuni e del loro senso in primis.
In piccole scatole di legno, quasi teatrini di un lontano passato in ricostruzioni attente ed efficaci, opera dello Studio Quadrilumi, passano i detti più in uso: una casetta nel passaggio da una ridente giornata di sole all’oscura notte di “un tempo da lupi” collega l’esistenza del canide a certe “tormentate” giornate; un fitto bosco e un avvertimento necessario per chi non ha ancora messo in conto il lato oscuro della faccenda, “chi ha paura non entri nel bosco”, leggiamo, e, mentre pensiamo di farla franca, un lupo che, seppur piccolo, compare a ricordarci il motore di molte fiabe; una poetica, minuscola nave solca un mare in tempesta per condurci alle vite turbolente di chi sceglie di avventurarsi in percorsi “liquidi”, alternativi alla terra e alla sua presunta stabilità, quelle dei lupi di mare; una ghigliottina posta al fianco del lupo, sotto cui giace, misera, una pecora smarrita, sollevandosi al suono secco che conduce alla risolutezza delle vite che taglia, ci riporta, ancora una volta, a una dimensione di paura, nell’idea che il lupo perde il pelo, ma non il vizio.


Poi, la tappa dell’ingresso nel bosco, riprodotto con alti tralicci, ai cui rami sporgono libri e frasi su curate etichette in legno, quasi spontanei frutti che la natura ci offre per la nostra insaziabile conoscenza, che ci porta a terra nel realistico calpestio di un selciato perfettamente disteso tra quei tralicci e alle esplorazioni, passate o presenti, nei suoni, nei versi, nel cinguettio, come nei silenzi, dei 
boschi che hanno animato la nostra infanzia.


Non distante dal bosco, in qualche modo ci conforta una morbida e gigantesca luna, affiancata a un’antica leggenda indiana di materni che si incontrano, laddove la luna avrebbe soccorso, in un lontanissimo passato, con la sua luce, la straziante e ululata ricerca del piccolo da parte di una mamma lupa.




L’entrate nella tana, la casetta che racchiude la dimensione intima e quotidiana del lupo, è il passaggio finale: se ne scoprono le abitudini, alcune delle quali umane, il pentolone con una zuppa di sassi perennemente in bollore, i costumi necessari ai suoi travestimenti e l’arte di farseli da sé, l’attenzione per l’estetica e i suoi trucchi e, a ben guardare, gli indizi, ben disseminati, che conducono ai versi e alle parole che lo hanno reso celebre.



In fondo, un’ identità che passa anche nelle nostre vite, nei ruoli che ci costruiamo, in quelli che gli altri ci riconoscono, nella quotidianità fatta di ordinario, nella rassicurante necessità di essere parte di un branco e nella solitudine casalinga, nell’astuzia e nella caccia rivolta alla vittima di turno.
Se, poi, sei un bimbo o se anche non lo sei e hai voglia di essere parte del mondo appena esplorato, il laboratorio curato da Agnese Baruzzi è la degna conclusione.
Si disegna, si taglia, si proietta e si recita.
In fondo, chi di noi non ha mai provato la voglia di sentirsi lupo, anche solo per un giorno?

Nota: La mostra è corredata dal volume “Nella tana del lupo. Percorso bibliografico e narrativo alla scoperta del lupo e delle sue mille trasformazioni nella letteratura per l’infanzia”, a cura della cooperativa “Il Mosaico”, Bacchilega junior editore, Imola, 2015

Resoconto di: Serena Barbieri, Alessandra Bartucca, Ambra Farina, Simona Giancristofaro, Elena Roli, Sonia Zanoni (allieve Accademia Drosselmeier 2015-2016)

Testo a cura di Alessandra Bartucca 

venerdì 8 gennaio 2016

Leer


La rivista spagnola Leer celebra il trentennale con il numero dicembre-gennaio dedicato  all'America del Sud. Oltre cento pagine di buoni articoli, tematiche, tre belle pagine dedicate alla letteratura infantil y juvenil che presentano libri in lingua spagnola e traduzioni. Per fare qualche esempio, un bel Pierino Porcospino, una raccolta di racconti messicani, il libro di Lizi Boyd vincitore del Bologna Ragazzi Award 2015, una bella raccolta di cuentos fantasticos de Japon e una edizione di Love of Life di Jack London. 


Una rivista mensile sui libri da trent'anni, una rivista che vince il Premio nazionale per il Fomento de la Lettura, una rivista che, numero dopo numero,  prende in esame anche i libri per ragazzi. La rivista ha molti followers su Twitter e una buona accoglienza in Facebook, oltre a ciò ha trasformato lo spazio redazionale anche in spazio pubblico, aperto agli incontri con autori, critici e lettori. Il confronto con il nostro paese è presto fatto: nei trent'anni di esperienza di attivista della lettura che condivido con la rivista spagnola, ho visto nascere e morire diverse esperienze. A Madrid ho sempre trovato Leer e la rivista gratuita della libreria La Central, uno strumento di approfondimento tematico molto utile.

Per ritornare a noi, e precisamente all'inserto La lettura del Corriere, ho fatto esperienza in settimana di quanto poco sia distribuita, quindi conosciuta. Poiché ben due pagine sono dedicate al libro di Alessandra Valtieri, secondo volume della collana Album d'infanzia, da me curata, ho cercato di acquistarne quante più copie possibile per distribuirle agli studenti dei due corsi in Accademia Drosselmeier. Non sono riuscita a trovarli nonostante la pubblicità faccia intendere che si trova in edicola per l'intera settimana. La risposta di molti edicolanti è stata che non la ricevono perché molte edicole sono chiuse la domenica. E il disinteresse con cui hanno risposte alle mie domande è stato davvero sconfortante...
Ricordo che anche i francesi hanno Lire e che noi abbiamo avuto Leggere
purtroppo durata molto poco. Chi la ricorda?

Grazia Gotti



giovedì 7 gennaio 2016

L'attesa


Con i libri da mettere nella calza della Befana si chiude la parentesi di lavoro in libreria dedicato a dare consigli e a fare pacchetti. Un tempo conoscevo ogni libro a scaffale, oggi non è più così, pertanto anche il tempo trascorso in libreria per dare il mio aiuto è occasione di scoperta o e di riordino mentale. Il libro L'attesa di Daniela Iride Murgia, pubblicato da Edizioni Corsare, ha messo in moto il meccanismo mentale e ho ordinato le attese che la memoria mi ha restituito. Le metto in fila senza commento, con l'auspicio che gli scaffali delle librerie o delle biblioteche possano accogliere nuove catalogazioni. Già l'anno scorso, la libreria in fiera era stata concepita alfabeticamente. Gli alfabeti offrono molte possibilità: la lettera A cominciava con Alice, proseguiva con Arte, Architettura. In futuro potrebbe continuare con Attesa e tante altre voci. Una libreria come alfabeto dell'anima, mi piacerebbe molto.

Grazia Gotti





martedì 5 gennaio 2016

Giochi e giocattoli


E' da ieri in libreria Il coniglio di velluto di Alessandra Valtieri, nella collana Album d'infanzia, Giunti editore. Si parla di infanzia, di giochi e di giocattoli ed è arrivato proprio un giorno prima della Notte della Befana.
Ho molti ricordi di tante notti della Befana, fino a quell'anno in cui mia madre mi invitò ad andare con lei per scegliere i doni della Befana per me e per mio fratello di tre anni più piccolo. Fu per me un rito di passaggio, ero grande, avevo ancora diritto ai giocattoli, ma avevo perduto il senso del magico.

illustrazione di Maria Girón

Li ricordo tutti i miei giocatoli, come ricordo tutte le conte, le filastrocche, le regole dei giochi, dalla palla contro il muro, che anche Alessandra evoca, a quelle del gioco dell'oca. Ho pensato per lungo tempo che questa nostra (delle giannine) ostinazione “passatista”, ci avrebbe rese antipatiche ai contemporanei. 

illustrazione di Kristien Aertssen

L'ho pensato fino a ieri, poi arrivata all'ultima pagina di un romanzo della grande Jutta Richter, mi sono riconciliata con i miei pensieri e ho sentito di condividere con Jutta un mondo, quello dei giocattoli. Io ho voluto lavorarci su, studiare, fare qualcosa, attivarmi, alla grande scrittrice tedesca, mia coetanea, è bastato scrivere. Sapevo che si trattava di un bel libro, ma non lo avevo ancora letto, e stavo quasi per dimenticarmene. Annabella Ciglialunghe, è una storia da annoverare fra i classici della letteratura di oggi. In tedesco il libro ha per sottotitolo Geschichten aus dem Kinderzimmer, con dichiarazione precisa e inequivocabile. Annabella, che abita con altri personaggi la stanza di Matilde, è una bambola. Con lei la abitano altri pupazzi, dai primi ai “nuovi arrivati”. 


Il racconto prende le mosse dalla notte di San Silvestro e si incontreranno altre notti, altre feste, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, fino a quella della scuola e del primo amore. Un romanzo profondo, commovente, scritto meravigliosamente, che non è potuto entrare nel libro di Alessandra e me ne dispiace molto.
Cercherò di rimediare tendolo impilato per un anno accanto a Il coniglio di velluto, in un posto d'onore in libreria.

Grazia Gotti

lunedì 4 gennaio 2016

Gargantua e Pantagruele, giganti d'eccezione


Guagantua e Pantagruel è un testo che vede la luce nel 1532: scritto dal grande umanista François Rabelais è un' importante opera satirica.
Cinque i romanzi che, con una lingua colta, a volte “grassa” e materica, disegnano i vizi della società francese del tempo.
Sofia Gallo, scrittrice capace di creare mondi fantastici e di raccontare il reale, lavora sul testo e costruisce un mirabile affresco dei due giganti.
Giganti. Le avventure di Gargantua e Pantagruele era uscito nel catalogo Nuove Edizioni Romane nel 1999, per volontà di Gabriella Armando.
Illustrato da Chiara Rapaccini il libro racconta le gesta, le grandezze e le miserie di un mondo in cui il cibo è esagerato, fame e abbondanza accompagnano situazioni rocambolesche, folli e paradossali.
In libreria in questi giorni ho pensato che sarebbe il libro giusto per la calza della Befana, ma anche titolo imperdibile per le molte bibliografie che stiliamo assieme agli insegnanti, sicuramente da aggiungere al patrimonio di quelle biblioteche pubbliche che, per ragioni diverse, non lo possiedono ancora.
Lo lessi appena uscito, lo usai per anni in percorsi rivolti ai ragazzi che si muovevano tra storie di cibo, umorismo, testi classici e buoni libri.
Ho nelle orecchie la voce di Giorgio Incerti, regista e attore teatrale, che mi ha accompagnato in questi percorsi e davanti agli occhi il ricordo, che si rinfresca tutte le volte che il testo ritorna, dell'attenzione dei bambini, delle loro risate, della partecipazione attiva ad un ascolto che regala loro occasioni “felici”.
Lo sto rileggendo e condivido con voi l'inizio:
“Era Grangola un bel tipo, burlone e mangione e anche bevitore accanito, ben provvisto nelle sue cantine di vini, prosciutti, bresaola e salami provenienti da ogni terra di Francia.
Grangola giunto alla matura età sposò Gargamella, figlia del re dei Farfalloni, una bella figliola allegra e mangiona anche lei quel che basta...”

Silvana Sola