lunedì 29 ottobre 2012

Degas



La grande mostra di Torino Degas. Capolavori al Musée d'Orsay mi ha fatto riprendere in mano il libro per ragazzi che pubblicammo nel 1993, Degas. Il gesto che dipinge. Non lo leggevo da allora, vent'anni fa, e mi stupisce la freschezza che il testo conserva.
L'espediente narrativo è intelligente; si tratta della possibilità che i ragazzini francesi hanno di seguire delle attività, nei giorni di mercoledí, quando la scuola sospende le lezioni.
Il Museo d'Orsay offre un percorso che prevede diversi incontri, durante i quali un gruppo di otto bambini, guidati dal maestro Guillaume, sperimenta un metodo per conoscere "l'anima dell'artista", come si diceva in un memorabile racconto italiano di inizio Novecento dove i bambini, alla ricerca dell'anima, entravano dentro il quadro posto sopra il camminetto. I lettori seguono le parole del racconto e l'occhio indaga, si sofferma, cattura le macchie, le figure, le forme. Olio, pastello, matita, fotografia, tradizione e rottura degli schemi.
"Benissimo copiare quel che si vede; ma molto meglio disegnare quello che non si vede piú se non nella memoria... In quel caso i vostri ricordi e la vostra fantasia sono affrancati dalla tirannia della natura."
Degas nutriva interesse per la forma e il movimento, incarnati da cavalli e ballerine. In vecchiaia ci vedeva molto poco, dipingeva quasi esclusivamente a memoria. Con i pastelli torna come al disegno, abbandonando le scene anedottiche a vantaggio di linee, volumi e colori.
"Niente orazioni funebri - aveva detto - ma voglio che sulla mia tomba si scriva semplicemente: amava molto il disegno".
Niente mostre, niente gallerie, molto studio e molto lavoro: ogni tanto un incontro con il mercante d'arte. I soldi servono per vivere, lo sapeva bene, nipote di un banchiere emigrato a Napoli  durante la Rivoluzione francese. La passione per il disegno cresce a poco a poco. Mentre é iscritto alla facoltà di legge prende lezioni di disegno e frequenta il Louvre per copiare i grandi Maestri italiani. É veramente raro trovare ragazzi italiani a Firenze intenti a disegnare. Sono tutti americani, asiatici, australiani, canadesi...
Grazia Gotti







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